La disoccupazione giovanile, in Europa, è diventata una piaga da 153 miliardi di euro. Soldi che evaporano tra tasse non pagate, assistenza sociale e mancata produttività. Per questo quando la Commissione Europea ha approvato Garanzia Giovani, un piano da 21 miliardi per la piena occupazione dei ragazzi tra i 18 ed i 25 anni, i governi del continente intero hanno esultato: finalmente qualcosa di concreto da proporre a platee elettorali sempre più euroscettiche.
Cos’è Garanzia Giovani: il modello scandinavo
Il piano si rivolge ai NEET – giovani dai 18 ai 25 anni senza occupazione e non impegnati in alcuna attività formativa. L’Italia, con un under30 disoccupato su quattro, rappresenta il paese più colpito dal fenomeno insieme alla Grecia: per questo il nostro governo ha deciso di estendere le tutele del programma europeo fino ai 29 anni di età. L’obiettivo è ambizioso: ridurre il tempo di inoccupazione ad un massimo di 4 mesi dall’ultimo contratto o dal termine degli studi.
L’Europa, per parte sua, ha proposto di finanziare progetti che si ispirassero a quelli sperimentati con successo nel 2011 in Finlandia, Svezia ed Austria. Un cocktail di sussidi, incentivi all’assunzione per le aziende e formazione per i ragazzi, gestiti da efficienti centri per l’impiego che sono riusciti, in Finlandia, ad occupare l’83% degli iscritti alle loro liste in un solo anno.
La via italiana alla flexsecurity
Quando l’Italia, insieme alla Francia, è stato il primo paese europeo a presentare un piano per istituire Garanzia Giovani, molti esperti hanno iniziato a porsi qualche perplessità. La stessa Commissione Europea, in un documento informale, aveva giudicato il piano italiano adeguato ma poco concreto: generico e ambizioso sulla carta, l’Italia praticamente incaricava Regioni e Centri per l’Impiego territoriali di offrire una proposta di lavoro o di formazione a tutti gli aderenti di Garanzia Giovani entro 4 mesi dalla formalizzazione del partecipante al progetto stesso. Pietro Ichino, lo studioso che del modello scandinavo ha fatto la propria battaglia accademica, già nel 2013 si dichiarava diffidente: “Come sempre la Commissione ha colto il punto” scriveva sul suo blog, “Per le nostre claudicanti amministrazioni regionali e i loro fragili servizi per l’impiego sarà molto difficile mantenere le promesse”. Ichino si faceva portatore di dubbi più che legittimi: l’anno precedente 95.779 italiani avevano depositato un curriculum presso il Centro per l’Impiego ma solo poco più di mille trovarono effettivamente un lavoro (di cui 440 tirocini).
Così, mentre le Regioni si preparavano – a malincuore e con tutte le preoccupazioni del caso – a gestire questa nuova ondata di disoccupati under 29, l’Europa staccava un assegno da oltre un miliardo e mezzo di lire per finanziare corsi di formazione ed incentivi aziendali all’assunzione nel Bel Paese.
Non è tutto oro quel che doveva luccicare
Circa 255.000 ragazzi italiani sospesi in un limbo tra l’adesione formale e quella sostanziale di Garanzia Giovani fanno dubitare, e di molto, sul rispetto delle tempistiche del progetto. Migliaia i tirocini attivati e molti di questi non ancora pagati dall’INPS: i ragazzi si indebitano per continuare a frequentare i tirocini garantiti dalla Regione Lazio, in posti di lavoro – spesso non attinenti con i profili lavorativi degli stessi – come supermercati, panifici ed imprese edili. E intano, gli imprenditori usufruiscono di un ricambio di manodopera non pagata per tre anni. Tutti argomenti che approfondiremo nei prossimi articoli.
Nel prossimo capitolo_ Il mantra del progetto, opportunità per gli under29 nei primi 4 mesi: come dovrebbe funzionare e perché non funziona.
News: i tirocinanti di Garanzia Giovani, visti i ritardi semestrali nel pagamento delle indennità da tirocinio da parte della Regione e dell’INPS, si uniscono alla manifestazione nazionale che si terrà venerdì 24 Aprile davanti la sede INPS, ore 9.30.
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