Dopo gli annunciati «Grandi passi in avanti» in materia di immigrazione (parole del capo della diplomazia europea Federica Mogherini). E le annunciate «assunzioni di responsabilità da parte dell’Europa (parole del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker). A un mese dalla strage del 19 aprile, quella che ha contato 950 morti in fondo al Mediterraneo e messo con le spalle al muro l’Europa, è giunta l’ora della verità.
A tirarla fuori è la Francia, per bocca del suo primo ministro Manuel Valls: «Sono contro l’istituzione di quote di migranti», ha detto senza giri di parole, ribadendo che la sua è anche la posizione del presidente François Hollande. A frenare sulle quote ci avevano già pensato l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, i Paesi Baltici, la Polonia e il Regno Unito.
Dopo l’importante posizione della Francia, questa mattina – 18 maggio – si è tenuto a Bruxelles il Consiglio dei ministri degli Esteri e della Difesa dell’Ue per discutere dell’emergenza migranti. Da 12 anni non si teneva un summit del genere.
La France est contre l’instauration de quotas de migrants en Europe et pour un système européen de gardes-frontières. pic.twitter.com/eKp5zm5CkE
— Manuel Valls (@manuelvalls) 16 Maggio 2015
L’Agenda migranti, approvata lo scorso 23 aprile, definisce il sistema delle quote di redistribuzione che riguardano gli immigrati già in Europa. Si tratta di 20.000 posti (qualcuno propone 40.000) per i rifugiati in tutta Europa, a fronte di 300.000 arrivi ogni anno. I criteri per il calcolo delle quote sono principalmente tre: Pil, popolazione e tasso di disoccupazione. Le quote vanno dallo 0,85% del Lussemburgo al 18,42% della Germania.
In Francia – Paese che in queste ore guida la protesta contro la politica delle quote – deve essere accolto il 14,17% dei migranti, in Italia l’11,84%, in Spagna il 9,10%, in Polonia il 5,64%. Percentuali obbligatorie, mentre a Danimarca, Gran Bretagna e Irlanda è data la possibilità di chiamarsi fuori dal sistema delle quote.
Se sulle quote c’è divisione, così non è per la guerra agli scafisti. I ministri, infatti, hanno dato il primo via alla missione navale europea nel quadro della politica di difesa e sicurezza comune contro i trafficanti di esseri umani. La missione, in attesa dell’ok dell’Onu, ha lo scopo di individuare, catturare e distruggere (o sequestrare) i barconi dei trafficanti nelle acque e nei porti libici, prima che siano usati per trasportare i migranti, e di distruggere i depositi di carburante e le strutture di attracco.
Lo scorso 11 maggio Federica Mogherini, in veste di alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza comune, ha illustrato il piano al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Adesso gli europei restano in attesa di ricevere il mandato per poter operare in acque libiche. E il quotidiano britannico Guardian, denuncia – in esclusiva- che all’interno del piano ci sono pure le forze di terra in Libia.
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