“Abbiamo non vinto” disse Bersani all’indomani delle elezioni politiche del 2013 quando la sua coalizione si piazzò ben al di sotto di quelle che erano le aspettative. Quell’epoca, che con Renzi sembrava dimenticata, oggi piomba al Nazareno come un’ombra spettrale.
L’analisi del voto delle Regionali 2015 sta tutta qui. Il Partito Democratico del nuovo corso arretra pesantemente in tutte le Regioni; prendiamo il Veneto, terra su cui Renzi ha messo la faccia. Alessandra Moretti non riesce a togliere un solo voto a Luca Zaia, riuscendo nella difficile impresa di peggiorare il modestissimo risultato del centrosinistra alle precedenti regionali del 2010.
E’ la Liguria però l’immagine della debacle del governo. In quella regione infatti, Renzi insieme a ministri e parlamentari hanno concentrato i loro sforzi. La verità che emerge dai dati è l’assoluta debolezza della candidata renziana Paita, unita all’inefficace traino del PD nazionale. Riversare le responsabilità della sconfitta su Pastorino, che ottiene un buon risultato, è scusa inverosimile.
Come se Caldoro accusasse De Luca di averlo fatto perdere. Hanno di che gioire Lega e Movimento 5 Stelle. La prima perché compie degli exploit importanti (oltre al Veneto) in Regioni come Marche, Liguria,Toscana perfino in Umbria, mangiando ovunque Forza Italia e radicandosi in maniera pesante in molte aree del Paese. Il Movimento 5 Stelle perché riesce in elezioni diverse da quelle nazionali a confermare una strutturazione solida, senza la “partecipazione attiva” del suo leader.
A sinistra invece qualcosa oggettivamente si muove, anche se è ancora evidente la mancanza di un progetto percepibile ed in grado di essere realisticamente influente.
Un approfondimento serio lo meriterebbe, in un Paese in salute, il dato dell’astensione, quella maggioranza invisibile che elezione dopo elezione rappresenta il continuo scollamento della politica da una vera rappresentanza. Ad oggi nessun soggetto politico riesce concretamente a ricucire questo rapporto.
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