Trattative frenetiche e braccio di ferro. La scorsa notte il governo greco ha annunciato che non avrebbe pagato la rata in scadenza al Fondo Monetario Internazionale, che ha diffuso la notizia con un breve comunicato del proprio addetto stampa (che vedete qui sotto). Oggi alle 15.30 ora italiana Christine Lagarde comunicherà ufficialmente la notizia al consiglio dei direttori del Fondo, che dovrà considerare, sulla base di un articolo dello statuto poco utilizzato, se rinviare o meno il pagamento. Tra oggi e il 20 agosto la Grecia dovrebbe ripagare circa 13 miliardi per debiti contratti con Fondo Monetario, Banca Centrale Europea e Buoni del Tesoro in buona parte detenuti da banche greche.
Nel frattempo il governo Tsipras ha richiesto un nuovo prestito da 29,1 miliardi all’Europa e, dopo un rinvio, la questione verrà discussa questo pomeriggio in una conference call. Se si dovesse trovare un accordo la questione greca verrebbe rinviata di nuovo e potrebbero riprendere trattative. In caso di un accordo quadro il referendum potrebbe persino essere cancellato, hanno fatto sapere fonti del governo greco alle grandi agenzie di stampa internazionali.
Gli ultimi sondaggi indicano come il No sia in vantaggio, anche se dopo la chiusura delle banche e il blocco dei Bancomat il Si ha guadagnato terreno, attestandosi al 37% contro il 47% del No. Gli indecisi sono ancora molti.
Prorata poll for @efysn bef cap controls: YES 30% NO 57% undecided 13% after: Yes 37% No 46% undecided 17% #Greece#Greferendum
— MacroPolis (@MacroPolis_gr) 1 Luglio 2015
La notizia del giorno è forse quella diffusa ieri sera da Suddeutsche Zeitung e Guardian. Da una serie di documenti interno del Fondo Monetario, recapitati ai membri del Bundestag per informarli nell’ipotesi di un voto su programmi di aiuto alla Grecia, appare chiaro che nello scenario esistente – anche considerando un nuovo piano di prestiti che al momento non c’è – la Grecia non potrà rientrare nei parametri richiesti dall’Europa entro il 2022. Nello scenario migliore previsto, che prevede una crescita del 4% all’anno per i prossimi cinque anni, il debito della Grecia scenderà al 124% del Pil entro il 2022. Questa ipotesi prevede oltra alla crescita sostenuta anche che dalle privatizzazioni si ricavino 15 miliardi, cinque volte in più di quanto previsto dallo scenario probabile. L’Europa chiede che il debito sia sotto al 110% entro il 2022.
Un secondo documento – in totale sono sei – spiega come il pacchetto di investimenti da 35 miliardi promesso da Juncker in settimana fosse una mezza bufala: non solo si tratta di soldi che sono già in un fondo che tutti gli Stati europei possono richiedere, ma prevede anche un co-finanziamento del 15% da parte di chi lo ottiene. Tutti sanno che Atene quei soldi non li avrebbe, tanto è vero che non ha utilizzato i fondi disponibili degli anni passati proprio per questa ragione.
Il documento conclude che la Grecia non è assolutamente in grado di rientrare nei parametri stabiliti a meno di “significative concessioni” in termini di riduzione o rinegoziazione del debito. Esattamente quel che chiede Atene dal giorno in cui Syriza ha vinto le elezioni.