Tel Aviv, 28 luglio 2015. Davanti a 8mila persone Caetano Veloso e Gilberto Gil hanno portato sul palco il loro ultimo show Due amici. Cent'anni di musica. Anche qui, come in tutto il mondo, anche in Israele. Nonostante le polemiche. Nonostante gli inviti a cancellare quella data in segno di opposizione al massacro palestinese. L’invito a non fare quel concerto è giunto persino dal Premio Nobel per la Pace, il sudafricano Desmond Tutu. Numerosi messaggi dopo, ad amplificarlo ci aveva pensato Roger Waters, l’ex Pink Floyd ha scritto a Veloso chiedendogli espressamente di non fare lo show, a causa del «massacro contro i palestinesi». Gilberto Gil e Caetano Veloso, in questo tour non portano solo mezzo secolo di musica insieme e mezzo secolo di amicizia. Ma anche mezzo secolo di ribellione, attivismo,  esilio, rivincite, schiena dritta. Alla fine Gil e Veloso hanno deciso di esserci a Tel Aviv. Il perché, Caetano Veloso, lo aveva spiegato già un mese fa sul sito brasiliano Globo, con una lunga lettera di risposta a Waters. Left l’ha tradotta per voi:
Caro Roger, circa un mese fa abbiamo ricevuto la tua lettera attraverso Pedro Charbel, un giovane brasiliano che fa parte del movimento Bds (coalizione di attivisti dei diritti umani per la Palestina libera e indipendente, ndr). Pedro è venuto a casa mia, dove ha trovato Gil e me – insieme ai nostri impresari -, accompagnato da una giovane brasiliana-israeliana, Iara Haazs, una donna ebrea (che anche’essa sta con il Bds), per chiederci di cancellare lo show, a Tel Aviv, il prossimo mese. Prima di allora, noi avevamo ricevuto una lettera di un importante militante dei diritti umani in Brasile con la stessa richiesta. Oggi ne riceviamo un’altra, questa volta proprio da Desmond Tutu (che è stato citato nella sua e in tutte le altre lettere e messaggi che abbiamo ricevuto su questo argomento). Provo a rispondere anche a lui. Quando il Sudafrica si trovava sotto il regime di apartheid, e sapevo che molti artisti si rifiutavano di andare lì, concordai quasi automaticamente con quella decisione. La complicata situazione in Medio Oriente non mostra lo stesso tipo di immagini in bianco e nero che il razzismo ufficiale, aperto del Sudafrica mi ha mostrato poi. Ho detto a Charbel come mi sentivo su questo. Lui trovava, come te, difficile da credere che persone come Gil e me non abbiano declinato l’invito dei produttori e del pubblico di Israele (lo show è sold out) dopo aver sentito quello che aveva da dirci sugli aspetti davvero oscuri sulle relazioni tra Israele e la Palestina. Sento il bisogno di dire, come ho detto a lui, come il mio cuore è fortemente contrario alle posizioni della destra arrogante del governo israeliano. Io odio la politica dell’Occupazione, le decisioni disumane che Israele ha preso in ciò che Netanyahu chiama autodifesa. E penso che la maggioranza degli israeliani che si interessano alla nostra musica tendono ad avere una reazione simile alla mia rispetto alla politica del loro Paese. Riporto qui quello che ho risposto a un giornalista brasiliano che mi ha chiesto come avrei risposto alla richiesta di cancellazione in una breve frase: Ho cantato negli Stati Uniti durante il governo Bush e questo non significava che io approvassi l’invasione dell’Iraq. Ho scritto e inciso una canzone che si opponeva alla politica che ha portato alla prigione di Guantanamo – e l’ho cantata a New York e Los Angeles. E voglio saperne di più su ciò che sta accadendo adesso in Israele. Ma non cancellerei uno show per dire che sono fondamentalmente contrario a un Paese, a meno che non fossi realmente e con tutto il mio cuore contrario a esso. E questo non è il caso. Io mi ricordo che Israele è stato un luogo di speranza. Sartre e Simone de Beauvoir sono morti per Israele. Gilberto Gil mi ha raccontato che gli è già stato consigliato altre volte di cancellare un suo show in Israele, ma che lui si è rifiutato di farlo, anche dopo i terribili avvenimenti di luglio 2014. Quanto a me, io desidererei vedere la Palestina e Israele come due Stati sovrani. E credo che Israele debba ascoltare le reazioni che provengono dall’estero. Le Nazioni Unite, molti governi, e anche artisti, come te, mostrano il rischio che Israele diventi sempre più isolata, se continua con le sue politiche reazionarie. Talvolta, penso che è controproducente isolare Israele. È così se quello che si sta cercando è la pace. Ho molti dubbi su un tema talmente complesso. Charbel sa quanti problemi di produzione avremmo in caso di cancellazione di uno show che è già stato annunciato ed è andato già tutto esaurito. Ma avrei affrontato tutto allegramente se  fossi stato sicuro che questa era la cosa giusta da fare. Devo pensare con la mia testa, commettere i miei errori. Io ringrazio te – e molti altri – per l’attenzione e lo sforzo dedicati a illuminarmi sulla politica in quella regione. Ho sempre detto la verità dei miei pensieri e sentimenti, e se cancellassi questo show solo per compiacere le persone che ammiro, non sarei libero di prendere le mie decisioni. Andrò a cantare in Israele e presterò attenzione a quello che sta accadendo là. Alle ultime elezioni Netanyahu non ha avuto una vittoria facile. Penso che il fatto di cantare lì è indipendente dalla politica del Paese, ma se le mie canzoni, la mia voce o la mia mera presenza potranno aiutare gli israeliani che non sono d’accordo con l’oppressione e l’ingiustizia - in una parola, a sentirsi più lontani dalla scelta di votare uno come lui - io sarei felice. Caetano Veloso [social_link type="twitter" url="https://twitter.com/TizianaBarilla" target="on" ][/social_link] @TizianaBarilla

Tel Aviv, 28 luglio 2015. Davanti a 8mila persone Caetano Veloso e Gilberto Gil hanno portato sul palco il loro ultimo show Due amici. Cent’anni di musica. Anche qui, come in tutto il mondo, anche in Israele. Nonostante le polemiche. Nonostante gli inviti a cancellare quella data in segno di opposizione al massacro palestinese. L’invito a non fare quel concerto è giunto persino dal Premio Nobel per la Pace, il sudafricano Desmond Tutu. Numerosi messaggi dopo, ad amplificarlo ci aveva pensato Roger Waters, l’ex Pink Floyd ha scritto a Veloso chiedendogli espressamente di non fare lo show, a causa del «massacro contro i palestinesi».

Gilberto Gil e Caetano Veloso, in questo tour non portano solo mezzo secolo di musica insieme e mezzo secolo di amicizia. Ma anche mezzo secolo di ribellione, attivismo,  esilio, rivincite, schiena dritta. Alla fine Gil e Veloso hanno deciso di esserci a Tel Aviv. Il perché, Caetano Veloso, lo aveva spiegato già un mese fa sul sito brasiliano Globo, con una lunga lettera di risposta a Waters. Left l’ha tradotta per voi:

Caro Roger,

circa un mese fa abbiamo ricevuto la tua lettera attraverso Pedro Charbel, un giovane brasiliano che fa parte del movimento Bds (coalizione di attivisti dei diritti umani per la Palestina libera e indipendente, ndr). Pedro è venuto a casa mia, dove ha trovato Gil e me – insieme ai nostri impresari -, accompagnato da una giovane brasiliana-israeliana, Iara Haazs, una donna ebrea (che anche’essa sta con il Bds), per chiederci di cancellare lo show, a Tel Aviv, il prossimo mese. Prima di allora, noi avevamo ricevuto una lettera di un importante militante dei diritti umani in Brasile con la stessa richiesta. Oggi ne riceviamo un’altra, questa volta proprio da Desmond Tutu (che è stato citato nella sua e in tutte le altre lettere e messaggi che abbiamo ricevuto su questo argomento). Provo a rispondere anche a lui. Quando il Sudafrica si trovava sotto il regime di apartheid, e sapevo che molti artisti si rifiutavano di andare lì, concordai quasi automaticamente con quella decisione. La complicata situazione in Medio Oriente non mostra lo stesso tipo di immagini in bianco e nero che il razzismo ufficiale, aperto del Sudafrica mi ha mostrato poi. Ho detto a Charbel come mi sentivo su questo. Lui trovava, come te, difficile da credere che persone come Gil e me non abbiano declinato l’invito dei produttori e del pubblico di Israele (lo show è sold out) dopo aver sentito quello che aveva da dirci sugli aspetti davvero oscuri sulle relazioni tra Israele e la Palestina. Sento il bisogno di dire, come ho detto a lui, come il mio cuore è fortemente contrario alle posizioni della destra arrogante del governo israeliano. Io odio la politica dell’Occupazione, le decisioni disumane che Israele ha preso in ciò che Netanyahu chiama autodifesa. E penso che la maggioranza degli israeliani che si interessano alla nostra musica tendono ad avere una reazione simile alla mia rispetto alla politica del loro Paese. Riporto qui quello che ho risposto a un giornalista brasiliano che mi ha chiesto come avrei risposto alla richiesta di cancellazione in una breve frase: Ho cantato negli Stati Uniti durante il governo Bush e questo non significava che io approvassi l’invasione dell’Iraq. Ho scritto e inciso una canzone che si opponeva alla politica che ha portato alla prigione di Guantanamo – e l’ho cantata a New York e Los Angeles. E voglio saperne di più su ciò che sta accadendo adesso in Israele. Ma non cancellerei uno show per dire che sono fondamentalmente contrario a un Paese, a meno che non fossi realmente e con tutto il mio cuore contrario a esso. E questo non è il caso. Io mi ricordo che Israele è stato un luogo di speranza. Sartre e Simone de Beauvoir sono morti per Israele. Gilberto Gil mi ha raccontato che gli è già stato consigliato altre volte di cancellare un suo show in Israele, ma che lui si è rifiutato di farlo, anche dopo i terribili avvenimenti di luglio 2014. Quanto a me, io desidererei vedere la Palestina e Israele come due Stati sovrani. E credo che Israele debba ascoltare le reazioni che provengono dall’estero. Le Nazioni Unite, molti governi, e anche artisti, come te, mostrano il rischio che Israele diventi sempre più isolata, se continua con le sue politiche reazionarie. Talvolta, penso che è controproducente isolare Israele. È così se quello che si sta cercando è la pace. Ho molti dubbi su un tema talmente complesso. Charbel sa quanti problemi di produzione avremmo in caso di cancellazione di uno show che è già stato annunciato ed è andato già tutto esaurito. Ma avrei affrontato tutto allegramente se  fossi stato sicuro che questa era la cosa giusta da fare. Devo pensare con la mia testa, commettere i miei errori. Io ringrazio te – e molti altri – per l’attenzione e lo sforzo dedicati a illuminarmi sulla politica in quella regione. Ho sempre detto la verità dei miei pensieri e sentimenti, e se cancellassi questo show solo per compiacere le persone che ammiro, non sarei libero di prendere le mie decisioni. Andrò a cantare in Israele e presterò attenzione a quello che sta accadendo là. Alle ultime elezioni Netanyahu non ha avuto una vittoria facile. Penso che il fatto di cantare lì è indipendente dalla politica del Paese, ma se le mie canzoni, la mia voce o la mia mera presenza potranno aiutare gli israeliani che non sono d’accordo con l’oppressione e l’ingiustizia – in una parola, a sentirsi più lontani dalla scelta di votare uno come lui – io sarei felice.

Caetano Veloso

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