Anche chi non è un amante dell’horror ha sentito parlare di Wes Craven, almeno una volta nella vita. Il regista di Cleveland, infatti, morto ieri a 76 anni, ha avuto una carriera lunga e piuttosto prolifica, fatta di grandi colpi al botteghino e anche da diversi flop.
Eclettico, sperimentatore, essenziale nel suo far provare angoscia e paura, Craven inizia la sua carriera dapprima come musicista per poi passare al cinema nonostante un impiego stabile come insegnante alla John Hopkins University, dove si era laureato qualche anno prima.
Inizia come tuttofare in una piccola casa di produzione, e impara al punto da iniziare a lavorare in proprio e ad arrivare, nel 1972, al suo primo film: L’ultima casa a sinistra, divenuto presto un cult.
Dopo questo primo grande successo, di cui negli anni si è quasi pentito al punto di rifiutarsi di rivederlo, Craven firma nel corso dei decenni alcuni film destinati a divenire pietre miliari della storia del genere horror e, a modo loro, della storia del cinema.
Pensiamo a Le colline hanno gli occhi o Nightmare on Elm Street e alla maschera di Freddy Kruger, tra i grandi cattivi puri del cinema horror anni 80, come Jason Voorhees di Friday 13th e il capostipite Michael Myers, di Halloween, capolavoro di John Carpenter del 1978. Tutti film male accolti dalla critica al loro esordio e poi rivalutati (oltre che campioni di incassi e generatori di sequel)
Craven rappresentava le paure di un’epoca con contorni nitidi e definiti. Senza troppe sbavature, fronzoli o incertezze. Non fosse che per la faccia maciullata di Kruger che però era la raffigurazione della paura dello sconosciuto, dell’irrazionale, dell’ignoto. Di ciò che ancora non si conosce e che si pensa inconoscibile.
Negli anni ’90 Craven torna al successo con un’altra icona horror: la maschera bianca ripresa dall’urlo di Munch protagonista di Scream, poi divenuto una saga, che vedeva un omicida incappucciato (e imbranato) terrorizzare tranquille cittadine americane.
Quella risata ha inaugurato un nuovo modo di presentare ciò che ci fa paura, mischiando i generi, prendendo in giro l’horror in un film horror.
Da buon artigiano del brivido Craven, nonostante la malattia ha continuato a pensare a nuovi film.