Funziona, evidentemente, il modello Merola del Pd. Il sindaco del capoluogo felsineo, sul filo della tensione sottopelle con la parte più renziana del partito, ha tirato dritto e a forza di “mosse di sinistra”, ha blindato la sua ricandidatura alle amministrative dell’anno prossimo.
Nei giorni passati, ha infatti incassato non solo l’unanimità dell’assemblea provinciale del Pd e l’investitura del popolo della Festa dell’Unità di Bologna, ma anche il sostegno nazionale, passato per la vicepresidente del Partito Debora Serracchiani: «Questa amministrazione uscente ha ben operato, siamo assolutamente convinti di doverla e poterla riconfermare e stiamo lavorando per questo», ha dichiarato. In realtà, come sempre nelle dichiarazioni degli uomini e delle donne di Renzi, di vero c’è poco, e molto di ampolloso: hanno aspettato il sentore del popolo, prima di appoggiare un sindaco, e il vero lavoro in questi mesi è consistito nell’evitare un polverone mediatico contro un sindaco che, c’è poco da fare, alla base piace.
Prima dell’estate, proprio il renzianissimo presidente della Regione Stefano Bonaccini, fiutando i malumori dei giovani rampanti della gerenza del partito, aveva titubato sul Merola bis («il Pd ha il diritto di decidere come essere competitivi su Bologna»), ma Virginio non si era fatto intimorire: «Francamente quel che conta davvero è il giudizio degli elettori. Vado avanti». E allora il braccio del premier ha frenato i suoi, temendo nello tsunami della vetrina della Festa dell’Unità, che si sarebbe inevitabilmente trasformata – come di fatto è successo – in un’acclamazione del popolo al sindaco.
Ma esattamente in cosa consiste questo modello Merola? In prese di posizione decisamente in controtendenza rispetto alla corrente nazionale, e che sono andate a riempire uno spazio: quello creatosi a sinistra in questi anni. Non a caso, alternative a sinistra, a Merola, oggi, non ce ne sono.
Una su tutte, la sua battaglia per la parità dei diritti delle coppie gay, che dal registro delle coppie di fatto arriva fino all’autocertificazione per genitori omosessuali all’asilo. Non se ne abbia il nostro premier scout, ma nessuna traccia di cattolicesimo, nel Pd di Merola. In compenso, molto rispetto per le persone. Stessa cosa è successa con le occupazioni: la linea morbida del sindaco, che ha fatto riallacciare l’acqua agli occupanti, gli è valso un’indagine a carico per abuso di ufficio da parte della Procura di Bologna, e il plauso e sostegno da parte di tutta la società civile e politica. Il primo cittadino ha motivato spontaneamente così, la sua presa di posizione: «Una scelta dettata dall’urgenza e dalla necessità di tutelare i diritti costituzionali e i soggetti deboli quali i minori presenti nello stabile occupato».
Altra mossa, altro segnale di netta indipendenza. Arriva a luglio: «A Bologna, il sindaco ripristina l’articolo 18», titolano i giornali. Di fatto, Virginio Merola ripristina, del tutto in controtendenza con il Jobs act, l’articolo 18 negli appalti pubblici. Comune, sindacati e imprese firmano un nuovo accordo che regolerà le gare pubbliche, nel quale viene previsto il rispetto dei contratti nazionali e della clausola sociale, che garantisce in caso di cambio d’appalto il passaggio di tutti i dipendenti, riservando più punti a chi assume lavoratori svantaggiati. Garantendosi l’appoggio dell Cgil.
E ancora: no alle vendite delle quote della multiutility Hera, critiche al Governo per i tagli agli enti locali e alle Città metropolitane, e ultima iniziativa di ieri: al via una raccolta firme per istituire il diritto d’asilo europeo.
Certo, Merola, non ha mai attaccato Renzi direttamente, anzi. Ha seguito l’onda nazionale come un fedele soldatino del partito doveva fare. E non è certo un cuor di leone. Ma una cosa è innegabile: a livello amministrativo, piaccia o meno, continuerà ad andare per la sua strada – che questa coincida o meno con quello nazionale. E probabilmente no, visto che volge a sinistra.