Sono trent’anni da quella sera del 23 settembre 1985 in cui una decina di colpi di revolver hanno “tolto di mezzo” Giancarlo Siani sotto casa sua al Vomero, quartiere “alto” di Napoli.

Trent’anni da quegli spari. Ma anche trent’anni a portare in giro il suo modo di intendere il “mestiere” a bordo della Mehari verde. Le idee di Giancarlo Siani, il suo girovagare in cerca dei fatti, da “abusivo” e allo stesso tempo da “giornalista giornalista”, camminano ancora su quell’auto che non passa inosservata (qui il programma delle iniziative). Sono trent’anni da quella sera del 23 settembre 1985 in cui una decina di colpi di revolver lo hanno “tolto di mezzo”, sotto casa sua al Vomero, Quartiere “alto” di Napoli. Per ricordarlo Left pubblica una selezione delle tavole della graphic novel “Giancarlo Siani … e lui che mi sorride”, di Alessandro Di Virgilio e le matite di Emilio Lecce (Round Robin Editrice), alcune delle quali preparate per la nuova edizione appena pubblicata.copertina_giancarlo siani.ai
Il fratello Paolo, medico e presidente della fondazione Polis, ricorda che Giancarlo «non era un giornalista antimafia: aveva però una spiccata capacità di collegare fatti e circostanze, un’attitudine a mettere insieme gli eventi e raccontare i retroscena. Queste doti semmai ne facevano un buon giornalista, ma lui faceva semplicemente quello che doveva fare. Faceva il suo mestiere e basta». Raccontando, ad esempio nell’articolo che a detta di tutti ne ha decretato la condanna a morte, come cambiava «la geografia della camorra dopo l’arresto del super latitante Valentino Gionta».

 


Giancarlo Siani pareva un poliziotto in borghese, per la determinazione che mostrava nell’aggirarsi per le stanze e per la conoscenza che aveva di fatti e circostanze

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Collegamenti tra i fatti, piste giornalistiche che hanno fatto pensare al magistrato Armando D’Alterio, quando lo incontrava nei corridoi del Tribunale, di essere di fronte a «un poliziotto in borghese, per la determinazione che mostrava nell’aggirarsi per le stanze e per la conoscenza che aveva di fatti e circostanze». Non a caso, dall’inchiesta sull’omicidio Siani è poi nata l’indagine collaterale sulle connivenze tra mondo politico e criminale a Torre Annunziata, con 17 fra imprenditori e amministratori locali, funzionari comunali e camorristi finiti agli arresti.


Tavole tratte dalla graphic novel “Giancarlo Siani … e lui che mi sorride” di Alessandro Di Virgilio e le matite di Emilio Lecce (Round Robin Editrice)

Ma uno dei ricordi più vividi lo ha consegnato ai curatori del fumetto il docente di Sociologia criminale e ex presidente della Provincia di Napoli Amato Lamberti, un anno prima di morire. Per Lamberti, fondatore dell’Osservatorio sulla camorra con il quale Siani collaborava, «Giancarlo era, innanzitutto, un giovane impegnato socialmente e civilmente; che, a Torre Annunziata, partecipava attivamente, prendendo la parola anche per dire cose scomode, a tutti gli incontri, le manifestazioni promosse dalle associazioni più diverse, per discutere dei problemi che attanagliavano la città». E ancora: «Per Giancarlo, anche il giornalista doveva essere militante, perché schierato dalla parte della gente, a difesa dei loro diritti calpestati dalla burocrazia, dalla politica, dalla camorra». Non a caso oggi l’esempio di quel giornalista militante viaggia ancora sulla Mehari verde.

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