Il rapporto tra medico e paziente è a rischio, perché diventerà sempre più “burocratico”. Su come procedere nelle diagnosi, infatti, in molti casi, deciderà un tabellario del Ministero e non l’occhio clinico del vostro dottore, che magari vi conosce da una vita. E se è vero che tanti esami clinici in Italia vengono prescritti un po’ troppo allegramente, è anche vero che con il nuovo decreto del ministro della salute Beatrice Lorenzin che taglia le prestazioni erogabili dallo Stato, potrebbero sorgere gravi problemi anche nella prevenzione di malattie. I medici di base, che rischiano una multa – anche se il ministro sdrammatizza – forse ci penseranno su due volte prima di “disobbedire” a quello che Massimo Cozza, segretario Fp Cgil definisce un vero e proprio «diktat». E mentre domani scadono i termini per gli aggiustamenti tecnici che i sindacati possono fare al decreto, l’Anaao, il maggior sindacato di medici dirigenti annuncia una mobilitazione che potrebbe sfociare nello sciopero, così come Fnomceo e anche Fp Cgil. Il 21 ottobre sono già convocati gli Stati generali con Ordine dei medici, sindacati e società scientifiche.
Denti, geni, dolori articolari e esami del sangue
Sono 208 le prestazioni sanitarie (qui l’elenco) considerate inappropriate salvo determinate condizioni descritte nero su bianco nelle tabelle ministeriali. Già da mesi negli ambulatori dei medici di base circolavano voci preoccupate. Da due giorni sono una realtà. Odontoiatria, genetica, esami di laboratorio, tecniche diagnostiche: questi i settori della medicina a finire nel calderone del decreto che ha il parere positivo del Consiglio superiore della sanità. Attenzione dunque ai denti, ai dolori agli arti, al fastidiosissimo mal di schiena. Presto le cure o gli esami clinici – salvo le deroghe – saranno tutti a carico dei cittadini. Sarà determinante la “vulnerabilità sanitaria e sociale” per avere gratis certe cure odontoiatriche come l’applicazione di corona e perno, anche se “vulnerabilità sanitaria e sociale” non vengono specificate nei dettagli. Più difficili Tac e Rm: gratuiti solo dopo reperti positivi in esami come Rx e Rn e in caso di gravi patologie. Per stabilire se nel sangue c’è un eccesso di colesterolo, se non sussistono malattie, il servizio sanitario erogherà l’analisi dopo cinque anni dall’ultima effettuata. A essere più colpite tuttavia sono le diagnosi in campo genetico che in certi casi, come sostiene Massimo Cozza “sono diventate una moda”.
Un provvedimento per far cassa
Secondo il Ministero gli esami inutili costano 13 miliardi di euro. Secondo il segretario Cgil medici “il taglio delle prestazioni gratuite è inserito all’interno di una manovra di 2 miliardi, oltre a quelli in parte già ventilati da Renzi nella prossima legge di stabilità”. Il decreto tuttavia, deve passare al vaglio della Conferenza Stato-Regioni, dopodiché l’opera non sarà finita perché occorrerà ridefinire anche i Lea (i livelli essenziali di assistenza) visto che quelli attuali si basano su prestazioni superate dal provvedimento del governo. Insomma, ci sarà un bel lavoro da fare per mettere d’accordo tutte le Regioni.
Cozza, Cgil: “Obiettivo giusto, metodo sbagliato”
Tagliare le diagnosi inappropriate, in surplus, sostiene Cozza, “è giusto perché si evitano danni economici per i cittadini e anche attese più lunghe, per esempio, per avere una Tac. Ma detto questo, il metodo è sbagliato”. Il segretario Fp Cgil spiega perché. “Quei criteri specifici nell’erogabilità delle 208 prestazioni non tengono conto assolutamente della storia clinica del paziente, di quello che solo il medico sa, e che riguarda la complessità degli aspetti sanitari di un malato”. Il rischio qual è? Un medico può anche “esulare”, cioè bypassare le regole stabilite dal decreto, ma poi a chi deve giustificare il proprio lavoro? Chi è che giudica? “Il medico rischia di essere sanzionato economicamente, che è uno sbaglio, perché si è visto che in alcune regioni si è fatto un lavoro sull’appropriatezza degli esami senza sbandierare sanzioni economiche”, continua Cozza. Invece di promuovere il settore dei medici di base, magari con una formazione più accurata, mettendoli in rapporto stretto con le Asl, si preferisce la scorciatoia dei tagli dall’alto. Creando anche dei conflitti. “Se un medico privato, uno specialista, sostiene che è necessaria una Tac e il medico di base, dice di no, secondo i requisiti del decreto, cosa fa il cittadino? Se ha i soldi, l’esame se lo paga da solo, se non ce l’ha, non lo fa”. Ma anche qui, il dilemma: chi decide di fronte a un malato le diagnosi giuste? “Il sistema migliore sarebbe intervenire con linee guida in sintonia con le Asl, un percorso condiviso, senza una pistola puntata alla testa”, conclude Massimo Cozza.
Intanto la palla passerà alle Regioni. Viste le condizioni di disuguaglianza in cui si trovano già i servizi sanitari da Nord a Sud della penisola, non è difficile immaginare che anche questo problema delle prestazioni “inappropriate” creerà un ulteriore trambusto.