«Facebook è diventato per i giovani un luogo in cui appuntare eventi particolari, più che di condivisione quotidiana del proprio vissuto. Va bene per ricordare il proprio compleanno, il superamento di un esame, il saggio di musica e danza o una competizione sportiva una tantum. Il post vale una candelina accesa, è un segnaposto esistenziale, un modo per ricordare che ci sei. È una celebrazione in pubblico o un promemoria collettivo. Adatto ad attirare like e condividere momenti personali di rilevanza per una propria audience connessa ma solo per qualche occasione. La narrazione della vita quotidiana connessa si sta spostando altrove. In una dieta (social) mediale che combina ambienti conversazionali, come ad esempio WhatsApp, e luoghi di condivisione del proprio immaginario per immagini, come Instagram (da notare: piattaforme entrambe acquistate da Facebook che, evidentemente, sapeva bene come stavano cambiano i comportamenti degli utenti). Luoghi in cui controllare meglio contemporaneamente la comunicazione e le cerchie sociali. Spesso su Instagram troviamo, per i giovanissimi, profili chiusi. Mentre su WhatsApp, lo sappiamo bene, gestiamo conversazioni interpersonali e di gruppo con finalità specifiche e distinguendo bene tra i nostri “pubblici”.Per Boccia Artieri insomma il social creato da Mark Zuckerber si sta trasformando progressivamente in un “segnaposto esistenziale”, un luogo in cui ricordare le tappe importanti della vita. E a ben vedere verso questa direzione hanno spinto anche le varie evoluzioni di Facebook: dalla sostituzione del wall con la timeline alla funzione On This Day, che ogni giorno ricorda all’utente cosa ha condiviso sul suo profilo negli anni precedenti. Ma non sono solo i giovanissimi ad aver abbandonato l’ossessiva abitudine di postare tutto su Facebook, anche gli adulti hanno sviluppato nuove modalità di utilizzo della piattaforma, soprattutto per tutelare la propria privacy. Non è un caso quindi che, mentre ad accedere al flusso di notizie è circa il 65% degli utenti, la percentuale di coloro che si dimostrano utenti attivi - e non si limitano a leggere i contenuti altrui - è invece di gran lunga più bassa. Secondo Boccia Artieri quella che sta emergendo è una tendenza di Facebook a “mainstreamizzarsi” , ad essere:
«vissuto come uno strumento conversazionale e maggiormente come un canale su cui sintonizzarsi. Entrare su Facebook per dare un’occhiata, fare zapping nello stream dei contenuti. Contenuti che trovano in modo crescente una produzione da parte di soggetti/pagine appartenenti a brand, istituzioni, politici, celebrities, siti di news ecc. Tra informazione ed intrattenimento».E a giudicare dalle novità che proprio nel campo dell’informazione si stanno sviluppando attorno al social di Zuckerberg le intuizioni del sociologo della “Carlo Bo” di Urbino sembrano essere confermate. È il caso ad esempio dell’app Instant Articles che promette la fruizione interattiva delle news di Facebook. Un po’ come già avviene per il competitor Snapchat nella sezione “Storie” dove è possibile trovare ogni giorno una serie di articoli interattivi e video curati da canali di intrattenimento e informazione come: Vice, CNN, Daily Mail, National Geographic o Mtv. Se gli utenti insomma si sono stufati di condividere contenuti, Facebook, per non morire schiacciato da questa sindrome da “guardo ma non posto”, sembra puntare su chi può fornirne, perché questo fa di mestriere. E a testate e giornali offre in cambio il vantaggio di un pubblico immenso e targhettizzato per ogni esigenza. [social_link type="twitter" url="http://twitter.com/GioGolightly" target="on" ][/social_link] @GioGolightly
Facebook tenta di coccolarci in tutti i modi e Zuckerberg sembra volerci ricordare costantemente quanto siamo importanti per la vita del suo social network. Accedendo alla propria bacheca è possibile, ad esempio, trovarsi di fronte a post del genere:
Queste attenzioni ovviamente derivano dal fatto che sono fortemente diminuiti i contenuti che gli utenti pubblicano sul sul Facebook. E visto che i contenuti sono il core business di un social network, questa crisi potrebbe portare il colosso di Zuckerberg a un lento ma inesorabile declino.
Secondo i dati Global Web Index, riportati dal Wall Street Journal, oggi a postare contenuti scritti su Facebook è solo un terzo degli utenti, l’anno scorso gli utenti attivi erano il doppio (circa il 70%). Mentre le foto vengono condivise solo dal 37% con un calo rispetto al 2015 del 59%. Ad incidere e alimentare il fenomeno di dissafezione nei confronti della piattaforma creata da Mark Zuckerberg sono vari elementi. Da un lato gli utenti più giovani preferiscono social “meno impegnativi” e soprattutto meno presidiati dai genitori come come Instagram e Tumblr. Dall’altro la condivisione dei momenti più intimi e personali, della routine che una volta affollava le bacheche di facebook, avviene in altri luoghi virtuali: WhatsApp, Snapchat, Telegram. Lo spiega bene Giovanni Boccia Artieri, professore di sociologia all’Università di Urbino e esperto di media digitali, in un post sul suo blog ospitato dal sito doppiozero.com:
«Facebook è diventato per i giovani un luogo in cui appuntare eventi particolari, più che di condivisione quotidiana del proprio vissuto. Va bene per ricordare il proprio compleanno, il superamento di un esame, il saggio di musica e danza o una competizione sportiva una tantum. Il post vale una candelina accesa, è un segnaposto esistenziale, un modo per ricordare che ci sei. È una celebrazione in pubblico o un promemoria collettivo. Adatto ad attirare like e condividere momenti personali di rilevanza per una propria audience connessa ma solo per qualche occasione.
La narrazione della vita quotidiana connessa si sta spostando altrove. In una dieta (social) mediale che combina ambienti conversazionali, come ad esempio WhatsApp, e luoghi di condivisione del proprio immaginario per immagini, come Instagram (da notare: piattaforme entrambe acquistate da Facebook che, evidentemente, sapeva bene come stavano cambiano i comportamenti degli utenti). Luoghi in cui controllare meglio contemporaneamente la comunicazione e le cerchie sociali. Spesso su Instagram troviamo, per i giovanissimi, profili chiusi. Mentre su WhatsApp, lo sappiamo bene, gestiamo conversazioni interpersonali e di gruppo con finalità specifiche e distinguendo bene tra i nostri “pubblici”.
Per Boccia Artieri insomma il social creato da Mark Zuckerber si sta trasformando progressivamente in un “segnaposto esistenziale”, un luogo in cui ricordare le tappe importanti della vita. E a ben vedere verso questa direzione hanno spinto anche le varie evoluzioni di Facebook: dalla sostituzione del wall con la timeline alla funzione On This Day, che ogni giorno ricorda all’utente cosa ha condiviso sul suo profilo negli anni precedenti.
Ma non sono solo i giovanissimi ad aver abbandonato l’ossessiva abitudine di postare tutto su Facebook, anche gli adulti hanno sviluppato nuove modalità di utilizzo della piattaforma, soprattutto per tutelare la propria privacy. Non è un caso quindi che, mentre ad accedere al flusso di notizie è circa il 65% degli utenti, la percentuale di coloro che si dimostrano utenti attivi – e non si limitano a leggere i contenuti altrui – è invece di gran lunga più bassa. Secondo Boccia Artieri quella che sta emergendo è una tendenza di Facebook a “mainstreamizzarsi” , ad essere:
«vissuto come uno strumento conversazionale e maggiormente come un canale su cui sintonizzarsi. Entrare su Facebook per dare un’occhiata, fare zapping nello stream dei contenuti. Contenuti che trovano in modo crescente una produzione da parte di soggetti/pagine appartenenti a brand, istituzioni, politici, celebrities, siti di news ecc. Tra informazione ed intrattenimento».
E a giudicare dalle novità che proprio nel campo dell’informazione si stanno sviluppando attorno al social di Zuckerberg le intuizioni del sociologo della “Carlo Bo” di Urbino sembrano essere confermate. È il caso ad esempio dell’app Instant Articles che promette la fruizione interattiva delle news di Facebook. Un po’ come già avviene per il competitor Snapchat nella sezione “Storie” dove è possibile trovare ogni giorno una serie di articoli interattivi e video curati da canali di intrattenimento e informazione come: Vice, CNN, Daily Mail, National Geographic o Mtv.
Se gli utenti insomma si sono stufati di condividere contenuti, Facebook, per non morire schiacciato da questa sindrome da “guardo ma non posto”, sembra puntare su chi può fornirne, perché questo fa di mestriere. E a testate e giornali offre in cambio il vantaggio di un pubblico immenso e targhettizzato per ogni esigenza.
[social_link type=”twitter” url=”http://twitter.com/GioGolightly” target=”on” ][/social_link] @GioGolightly