Con un’intervista al Financial Times, il Segretario di Stato Usa, John Kerry, ha spiegato che, a differenza dell’Europa, il suo Paese non vuole che da Parigi esca un trattato vincolante come quello di Kyoto, che gli Usa non firmarono.
Prima di insultare mentalmente Kerry e il suo capo, cerchiamo di capire cosa ha detto e perché. Una delle questioni, già affrontate nei giorni successivi all’accordo sul nucleare iraniano, è il veto di un Congresso a maggioranza repubblicana che di trattati sul clima che vincolino gli Stati Uniti a limitare le emissioni non vogliono sentir parlare. Sull’Iran Obama è riuscito a bloccare un voto grazie a qualche senatore repubblicano di buon senso. Sul clima sarebbe diverso. Il rischio, insomma, sarebbe che un eventuale tarrato uscito da Parigi, venisse respinto dal Congresso e che, a quel punto, gli Usa non sarebbero vincolati in nulla. Se, come è allo stato attuale, a Parigi ciascun Paese prenderà impegni sulla base della propria volontà, non ci sarà bisogno di passare per il voto del Congresso e Obama potrà cercare le risorse e formulare piani senza i repubblicani – o con un loro contributo, ma non necessario.
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Kerry, durante e prima dell’intervista è stato piuttosto chiaro sul clima, parlando a una base navale su una costa minacciata dall’erosione ha detto: «Qui non si tratta di ridicolizzare il tema, non sono gli orsi polari e le farfalle il problema, la minaccia è alla sicurezza nazionale, all’economia e all’agricoltura». Il Segretario di Stato ha anche elogiato la Cina per il suo impegno («A Kyoto stavano a guardare, oggi agiscono e investono soldi») e criticato l’India di Narendra Modi che usa più carbone che in passato, aggiungendo: «Dobbiamo però non usare toni accusatori, non servono». In fondo sa bene che a inquinare per primi sono stati europei e americani.
Il Segretario di Stato ha anche assicurato che Obama troverà i tre miliardi di dollari promessi ai Paesi più poveri per affrontare il tema «perché si tratta di una sua priorità». Vedremo le reazioni dell’Europa a questo posizionamento pre-parigino degli americani. Certo è che se pure gli argomenti di Kerry sono validi, la presa di posizione Usa suona un po’ come una doccia fredda e si presta a critiche. Tanto più che se a Parigi ci sarà chi non vuole un accordo, potrà usare la posizione americana per farsi forza.
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