L'editoriale del nuovo numero di Left in edicola dal 6 febbraio

Vivere il provvisorio, l’incerto, il dubbio. Le borse? Che rischio. La guerra contro il Daesh. Non finisce quella in Siria, forse ne comincia un’altra in Libia. E le unioni civili? È vero quelli, tanti, del Circo Massimo hanno mostrato di avere denti sdentati, ma attenzione che in Senato c’è il voto segreto. Parlano Calderoli, Formigoni, Caliendo: “Pauva” direbbe Crozza coi denti di coniglio del premier segretario.

E Renzi? Lui sempre quello. Una garanzia per chi ama vivere sospeso su una fune al settimo piano. Un giorno quasi pace con Angela, poi va in Nigeria, non trova nessuno da spianare, e son fulmini (e insulti) per i burocrati senz’anima di un’Europa senza identità. Vuole la testa di Juncker, dicono quelli che dicono di saperla lunga. Ma se sono pochi mesi che l’ha messo là?

La minoranza dem non vuole il Partito della nazione, ma forse voterà sì al referendum costituzionale che nelle intenzioni del Partito della nazione funzionerà da varo per il Partito della nazione. A Milano si vota per le primarie: giunta Pisapia contro giunta Pisapia, con Sala che dice di essere più a sinistra di Pisapia.

Intanto alla Rai tornano antichi direttori e costumi usati. Un manuale interno vietava, mezzo secolo fa, di nominare il membro, fosse puro del Parlamento o della Confraternita del Padre nostro. La parola può far pensare a un utensile sessuale: Dio non voglia e giù cinque Ave Maria. Oggi Iacona finisce in seconda serata perché vuol parlare di educazione sessuale. Sssttt, certe cose solo in confessionale.

Va bene, andiamo all’estero. Clinton vince (d’un soffio) e Sanders non perde. Ma forse Clinton perde prevalendo solo per il rotto della cuffia e Sanders vince resistendole. E poi, chi ha vinto, chi ha perso? Quando due candidati sono in parità nei Caucus si tira in aria una moneta. Testa o croce? Pare che nello Iowa la si sia tirata più volte quella moneta e che Hillary abbia avuto fortuna. Elogio dell’incertezza.

Quanto a Trump l’irruento, ha fatto così paura ai media, ai politologi, ai sondaggisti, che si parlava solo di lui. E lui si sentiva la vittoria in tasca. Così a una giornalista impertinente ha detto che «le usciva sangue dagli occhi, anzi (che signore!) che le usciva ovunque» e non si è presentato al confronto con i competitor. Gli elettori, che non leggono i sondaggi e perciò non ne hanno paura, lo hanno punito preferendogli Cruz. Si sa: gli ultimi saranno i primi.

La mafia resta fra le poche certezze. Da noi, però, ne parla solo Mattarella il quale ha sostenuto che la lotta alla ’ndrangheta debba stare al primo post nel programma di governo. Ma avrà letto il programma di governo, Mattarella, o quello che ne fa le veci, vale a dire la narrazione quotidiana del premier sulla ripresa che arriva, anzi è già arrivata, sul jobs act che ha creato 135 mila posti di lavoro, che più fissi non si può, sulla nuova araba fenice, che cosa sia nessun lo dice, che sono le riforme?

Poi, ancora mafia. C’è mafia nell’antimafia, lo aveva detto don Ciotti. Mal gliene incolse. La Commissione parlamentare d’inchiesta, che è là da mezzo secolo, intanto indaga e tutti accusano tutti di far mafia con l’antimafia.

È inverno e non piove. Pioverà, mi compro un ombrello. Oppure chiamo Altan.

Questo editoriale lo trovi sul n. 6 di Left in edicola dal 6 febbraio 

 

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