Strano il mondo: muore Marco Pannella e Adinolfi può scrivere “le sue conquiste sono falsi diritti”. Adinolfi è così: tutta una vita a negare i diritti agli altri e degli altri facendone una professione. Ma non è di questo che voglio scrivere, no. Su twitter interviene qualcuno e gli dice “caro Adinolfi, senza Pannella non avresti potuto risposarti a New York”. E a me è sembrato, sinceramente, uno dei coccodrilli più belli per il leader radicale.
Perché Pannella è uno dei grandi riformatori dei diritti di questi ultimi anni, per di più in un Paese schiacciato dalla nebbia clericale, conformista e piccola borghese. E visionario. Visionario senza misticismo. Visionario come ne mancano qui, di visionari appassionanti e appassionati.
E sapeva, lui, che il ruolo di politico non è poi così diverso dal drammaturgo e capocomico: richiede una continua inventiva provocatoria e la capacità di scrivere la sceneggiatura dei giorni che vengono, mentre tutti stanno lì appesi ad aspettare che si lanci la battuta. E le stesse lacrime che si sprecano in queste ore (in un Italia che d’improvviso si riscopre radicale con le mani ancora sporche dell’ultimo gorgo di omofobia) sono la scenografia perfetta di un baldanzoso mattatore che ha gestito tempi e modi. Battute, personaggi, tempi e modi. E politica. Ma politica per davvero, quella che cambia la giornata, quella che modifica il modo di vivere, a la giornata, quella che scrive scene che pochi avrebbero immaginato e pochissimi avrebbero osato a scrivere.
Per questo quando mi è capitato di leggere quella risposta sottovoce, quel “senza Pannella non ti saresti risposato” scritto a Adinolfi, ho pensato che davvero, prima o poi nella vita, ci è capitato a tutti di abitare in qualche battaglia radicale pur tenendone poco conto. L’abbiamo incrociato tutti, Pannella, e forse ci servirebbe qualcuno capace di immaginare il futuro.