L’Italia ha violato la sospensione dei trasferimenti di armi all’Egitto decisa dall’Unione Europea. Amnesty International denuncia che il nostro Paese non ha rispettato la decisione presa nell’estate del 2013 dopo il Massacro di Rabaa, perpetrato dal governo militare di Al-Sisi – appena insediatosi dopo un colpo di Stato – contro alcuni manifestanti vicini ai Fratelli musulmani, che protestavano contro la deposizione dell’allora Presidente Mohamed Morsi. Il bilancio della repressione fu pesantissimo: tra i 600 e i 700 morti e oltre 2.000 feriti.
Sono 12 su 28 i Paesi membri che hanno inviato, direttamente o tramite intermediazione, armamenti in Egitto sfidando i divieti imposti dalle istituzioni comunitarie. Oltre all’Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Polonia, Cipro, Bulgaria, Repubblica Ceca, Spagna, Slovacchia, Ungheria e Romania. Nel solo 2014 gli Stati dell’Ue hanno esportato forniture militari all’Egitto (piccole armi, munizioni, veicoli blindati, armi pesanti, elicotteri) per un valore totale di 6 miliardi di euro. Sono all’incirca 290 le autorizzazioni all’esportazione e inoltre alcune aziende europee avrebbero inviato all’Egitto tecnologia sofisticata per svolgere attività di sorveglianza.
Secondo il diciasettesimo rapporto annuale dell’Ue l’Italia nel solo 2014 ha esportato verso l’Egitto armi per un valore totale di 33,9 milioni di euro. Nel 2015 invece la cifra è scesa a 4 milioni. Inoltre secondo Privacy International, l’azienda milanese Hacking Team, leader nel settore dell’information technology, ha fornito ai servizi segreti egiziani avanzate tecnologie di sorveglianza. La società aveva ottenuto nell’aprile 2015 l’appalto per la commercializzazione del sistema «Galileo», che consente di monitorare a distanza i dati contenuti all’interno di smartphone e computer. Lo scorso marzo il Ministero dello Sviluppo Economico ha ritirato l’autorizzazione alla società ben due anni prima della scadenza fissata, a causa delle «mutate condizioni politiche» dell’Egitto, in riferimento sopratutto al recente caso di omicidio del ricercatore Giulio Regeni.
Non solo l’Italia. Tra gli stati più «attivi» nel commercio di armi con l’Egitto figurano in primis la Francia, che nel 2014 ha emesso autorizzazioni per il valore di 100 milioni di euro riguardanti «bombe siluri, missili, e altri ordigni esplosivi», seguita da Bulgaria (51 milioni di euro) e Repubblica Ceca (20 milioni di euro).
Dopo la caduta del presidente Morsi, nel luglio del 2013, il ricorso all’uso eccessivo della forza è divenuto il modus operandi delle autorità egiziane, sostiene Amnesty. Che ha denunciato arresti arbitrari di massa, processi sommari, maltrattamenti e torture inflitte dalla Polizia e dall’Esercito ai detenuti. L’episodio più grave avvenne il 29 gennaio del 2015: in occasione dell’anniversario della caduta dell’ex Presidente Hosni Mu-Barak l’esercito represse un corteo formatosi spontaneamente, uccidendo 27 persone, tra cui Shaimaa al-Sabbagh, attivista del partito di sinistra Alleanza popolare socialista. Le immagini dell’uccisione della giovane donna, madre di un bambino di 5 anni, hanno fatto commuovere il mondo intero.
Inoltre una legge del 2013 (conosciuta anche come Legge anti-proteste) ha di fatto limitato gli spazi di protesta e affidato ampi margini di manovra alle forze di sicurezza. Lo scorso febbraio la legge è stata in parte «violata» da un corteo di medici che chiedevano giustizia per due colleghi picchiati dalla polizia per essersi rifiutati di redigere un referto falso.
«Quasi dopo tre anni il massacro che spinse l’Ue a sospendere i trasferimenti di armi all’Egitto, la situazione dei diritti umani è peggiorata» ha sostenuto Magdalena Mughrabi, responsabile del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. «Gli stati membri dell’Unione europea che trasferiscono armi ed equipaggiamento di polizia alle forze egiziane, responsabili di sparizioni forzate, torture e arresti arbitrari di massa, rischiano di rendersi complici di queste gravi violazioni dei diritti umani», ha concluso Mughrabi.