A Torino il Pd ha perso metà del suo elettorato nel corso degli ultimi 15 anni. Lo sostiene l’Istituto Cattaneo, secondo cui il 31 per cento degli elettori che nel 2011 avevano votato per Piero Fassino al primo turno lo hanno tradito per la concorrente diretta al ballottaggio, Chiara Appendino. Secondo il medesimo studio, il Movimento 5 stelle si sta trasformando in “asso piglia tutto”, mostra, cioè, una capacità trasversale di attrarre voti dalla sinistra, ma anche dal centro e dalla destra. Una sorta di Anti Partito della Nazione, una forza politica che approfitta della scelta, fatta da Matteo Renzi, di personalizzare lo scontro politico – «se vince il No vado a casa» – e di radicalizzarlo contrapponendo caos e ingovernabilità al partito dei buoni, come egli dice, al partito di «chi vuol bene all’Italia». Se le cose stanno così è davvero incomprensibile la campagna che il Pd sta conducendo in vista dei ballottaggi. Nel faccia a faccia Appendino-Fassinno, il sindaco uscente ha avuto la sua battuta migliore quando ha accusato la concorrente di essere No Tav: «Torino – ha detto – quando perse il suo statuto di capitale del Regno, seppe puntare sul traforo del Frejus». La Appendino ha insistito sul tema della povertà, dell’occupazione della città divisa e, neanche a farlo apposta, lo stesso giorno un altro studio, questa volta di Ilvo Diamanti, mostra come sia proprio l’occupazione la principale preoccupazione dei torinesi.
Stesso copione nel confronto Giachetti-Raggi.
Roberto Giachetti incalza sulle Olimpiadi, Virginia Raggi sulla ordinaria manutenzione. E lo studio di Diamanti rivela che è la pessima manutenzione delle strade l’emergenza che più angustia gli elettori romani.
Insomma, il rottamatore rischia di rottamarsi. E lo strumento perfetto sono proprio i ballottaggi. Infatti in un sistema che non è più bipolare e sembra invece caratterizzato da una crescente insoddisfazione per i risultati, ritenuti modesti, dell’azione del governo, è più che probabile che una forza trasversale e piglia tutto faccia il pieno dei voti.
L’elettorato pare sempre meno fedele e i faccia a faccia non aiutano il Pd
Il 31 per cento degli elettori che nel 2011 avevano votato per Piero Fassino al primo turno lo hanno tradito. Lo dice un'indagine dell'Istituto Cattaneo