«E non hai sentito la storia di Palamede? Di sicuro, poiché tutti i poeti cantano di lui e di quanto fosse invidiato per la sua saggezza, e poi ucciso per mano di Odisseo.»
Senofonte, Memorabili, IV, 2, 33
Questa storia racconta la sfida fra due tipi di intelligenza: quella di Odisseo, colorata delle mille astuzie per sfuggire alle situazioni scomode, e quella di Palamede, perfettamente illuminista. È più o meno con queste parole che dal palco Alessandro Baricco ci presenta l’antagonista e l’eroe del suo spettacolo Palamede. La storia che ieri ha debuttato a Roma al Foro Palatino e che sarà in scena fino al 9 luglio all’interno della programmazione del Romaeuropa Festival. E forse può suonare singolare, ma la frase dello scrittore torinese ci ricorda anche che, così come esistono due tipi di intelligenze, esistono anche due tipi di persone: quelle che amano Baricco e quelle che lo odiano. Troppo pop, troppo mainstream, troppo famoso, troppo. Questo spettacolo, come tutte le buone storie, ha il magico potere di mettere tutti d’accordo. Il successo della messa in scena infatti sembra, in tutto e per tutto, una formula alchemica che mescola in modo sopraffino al “parlar fluente” di Baricco, una scenografia d’eccezione come quella delle antiche rovine dello Stadio di Domiziano, musiche che scandiscono alla perfezione il tempo del racconto e la recitazione di Valeria Solarino, fantasma dell’eroe dimenticato che ben presto assume i tratti della vera e propria visione.
Valeria, come è nata l’intesa con Baricco? Come ti ha convinto a recitare in questo spettacolo?
Un giorno mi ha telefonato Alessandro e mi ha proposto questo spettacolo. Ci eravamo incontrati prima a Torino, ma non avevamo mai fatto nulla insieme e non ci conoscevamo nemmeno molto bene. Non sapevo nulla di Palamede e non conoscevo la storia di questo personaggio… mi ha convinto subito l’idea di fare qualcosa insieme a lui, perché è una persona che stimo come scrittore, come autore e come oratore. Poi quando mi ha spiegato che avrei dovuto interpretare io Palamede, ho pensato che fosse un fatto curioso… una bella sfida.
Palamede è l’eroe dimenticato dalla Storia, che sia una donna ad interpretare questo ruolo forse è ancora più significativo, visto che molte volte le donne sono state gli eroi dimenticati nelle storie che per secoli gli uomini hanno raccontato.
Sì, molti hanno fatto questo collegamento. In realtà credo che nell’idea iniziale di Alessandro non ci fosse questo sottotesto, ma potrebbe essere una possibile lettura… lo spettacolo alla fine è, sì dell’autore che lo realizza, ma, nel momento in cui viene messa in scena, anche del pubblico e che quindi assuma anche i significati che ci vede lo spettatore. Credo però che lo scopo principale di questa scelta sia un altro. Palamede è un eroe straordinario, è il più bello, il più forte, il più intelligente, qualsiasi uomo chiamato ad interpretare questo ruolo avrebbe ridotto quell’immagine. Portare in scena “un’altra cosa”, che appunto può essere solo una donna, sposta tutto su un piano diverso, diventa impossibile fare un paragone fra le aspettative che lo spettatore ha nei confronti dell’eroe e le caratteristiche dell’attore, se invece Palamede è una donna si tratta per forza di un’altra cosa.
Come è per te recitare in questo ruolo?
È una cosa singolare. Non mi era mai capitato di fare un monologo di trenta minuti a teatro. Questo spettacolo inizialmente era stato realizzato per l’Olimpico di Vicenza, dove lo abbiamo portato in scena l’anno scorso, e a Roma, in questa cornice, si è trasformato in un’altra cosa ancora. Fare un monologo è qualcosa di molto diverso rispetto ad uno spettacolo in cui c’è l’interazione con altri personaggi, per cui per me, a livello di attrice, è stata una prova particolare. Il fatto di non potermi muovere, di avere le mani legate e di dover trasmettere comunque tutta questa forza, senza alla fine fare niente, è stato stimolante, molto bello e divertente, ma soprattutto stimolante. Quando interpreto un personaggio parto sempre dal corpo, la forza e la debolezza che emergono in Palamede, non nascono da un cambio di tono, nascono da un cambio di tensione emotiva che parte proprio dal corpo. E così a seconda del momento, che sia quello dell’arringa, dell’accusa, oppure della supplica c’è sempre un cambiamento nel corpo, anche se impercettibile… un minimo di rilassamento, un modo di guardare diverso, ma c’è.
Palamede. La storia. Racconta l’altra storia, il punto di vista di quello che per le cronache ufficiali è stato considerato il perdente. E si scopre che forse il “perdente” aveva molto più da insegnare del “vincitore”…
Sicuramente Palamede è un personaggio di cui si è raccontato molto meno. È l’antagonista di Odisseo, ma probabilmente in realtà è anche molto più forte di lui, molto più intelligente. Nonostante questo viene ingiustamente cancellato, ingiustamente accusato di tradimento e macchiato di una colpa che non ha commesso. La storia che Alessandro è riuscito a ricostruire è straordinaria ed affascinante. In campo c’è l’antagonismo fra due eroi uno dei quali, Ulisse, è stato decisamente non migliore, ma più fortunato perché è passato alla storia.
Secondo te quanto parla dell’Italia di oggi questa storia nella quale si contrappone all’intelligenza, quella che sa essere utile per la comunità, la furbizia, quella che spinge avanti il singolo?
Beh sì, se vogliamo riportare la storia ad oggi e al nostro Paese, è chiaro che spesso i furbi riescono a fare più strada dei saggi. È indubbiamente più facile che l’astuzia riesca a prevalere sulla saggezza.
Che impatto può avere questo spettacolo sul pubblico? Credi che sentirsi raccontare l’altra faccia di una storia possa spingere a cercare l’altra faccia delle storie anche fuori da teatro?
Per come si sta evolvendo la società, e non solo quella italiana, la nostra capacità di ricordare le cose è diventata minima. Scorre tutto talmente veloce che spesso ci dimentichiamo ciò che è accaduto. Per cui credo che uno spettacolo riesca a far riflettere o far cambiare punto di vista su qualcosa solo a chi è già abituato a farlo, a chi sa prestare attenzione. Cultura ed arte non possono lottare da sole contro una società che sta andando nel verso contrario rispetto all’approfondimento, alla riflessione, alla concentrazione. Ci sono state persone che sono venute a vedermi che, pur avendo trovato lo spettacolo meraviglioso, faticavano a seguire le parole di Alessandro, perché non erano più abituate a tenere il filo del racconto. Oggi siamo abituati a internet, ai telefoni, alle comunicazioni immediate, ai botta e risposta telegrafici dei messaggi, l’attenzione richiesta è diventata talmente minima che uno sforzo del genere è possibile solo se sei allenato e predisposto. La cosa veramente straordinaria secondo me di questo spettacolo messo in scena al Palatino è che si portano i romani in un posto dove molto probabilmente non erano mai stati, gli si dà la possibilità di riscoprire un luogo che è loro, ma di cui magari ignoravano l’esistenza. Ben venga se Palamede riesce a fare questo.
Nello spettacolo reciti un riadattamento molto bello di In difesa di Palamede di Gorgia da Lentini, fissi il pubblico negli occhi e chiedi loro di assolverti, che dici, funziona? Il tuo pubblico, oggi, lo salverebbe Palamede?
Sì, sì, li ho convinti (ride). Nel senso, non c’è la controparte… e poi tutti a fine spettacolo alla fine mi dicono “povero Palamede” “ma perché lo hanno accusato, ma perché lo hanno condannato”… (e ride ancora)
Ed in effetti, non si può darle torto. A modo loro, Baricco e Solarino, alla fine, sono riusciti a riscrivere la Storia. Chissà se solo per una sera o qualcosa di più.