La destra chiede una nuova Guantanamo francese (il deputato Georges Fenech) per rinchiudere i jihadisti che tornano dalla Siria, il presidente Hollande parla di «una guerra che dobbiamo vincere». Ma in Francia si raccolgono anche idee e proposte per impedire la “facile” strada del terrore causato dal terrorismo. Non tutti soffiano sul fuoco della guerra di civiltà o della guerra di religione. Lo scrive molto chiaramente oggi su Libération il numero due della storica testata della sinistra francese, Johan Hufnagel: «La guerra che conduce l’Isis non è una guerra contro la Francia, è una guerra contro la libertà».
Nessuna guerra contro la Francia, contro la Costituzione, non c’è nessuna linea Maginot. Il vero nemico, sottolinea il vice direttore di Libération, è «l’impazienza, l’irresponsabilità di far credere che si può regolare tutto sacrificando lo Stato di diritto». Il messaggio è rivolto a quei politici che pur di vincere le primarie o le politiche presidenziali soffiano sul vento della guerra di civiltà, come fa abitualmente Marine Le Pen, ma che può diventare un atteggiamento “comodo” di cui si può appropriare anche la sinistra al governo. Hollande dal canto non vuole adottare nuove misure di sicurezza, lo stato di emergenza dopo Nizza è stato prorogato di altri tre mesi e sono anche stati aumentati i poteri dell’antiterrorismo.
Secondo il giornalista di Libération – il quotidiano che, ricordiamo, ha denunciato le falle nella sicurezza a Nizza – la battaglia da condurre, magari in diversi piani quinquennali, è questa: «Dare più risorse umane ai servizi di intelligence, renderli più efficienti, lottare contro l’immaginario di Daesh, condurre delle azioni concrete contro le reti di finanziamento occulte dei terroristi». Così la Francia cerca di reagire. Ma sempre su due binari diversi. Marion-Maréchal Le Pen, la deputata francese del Front national (Fn) e nipote della leader del partito, Marine, annuncia addirittura di arruolarsi nella riserva militare, e parla di «guerra identitaria».
Marc Augé sottolinea come l’uccisione del parroco di Rouen significhi un ritorno al passato contro cui dobbiamo opporci. «I terroristi abbandonano gli obiettivi che sono in qualche modo eredità del XVIII secolo, dell’Illuminismo. E vanno a colpire le origini cristiane dell’Europa. Identificano la cultura europea con la cristianità. E non possiamo farci trascinare su questo piano» dice l’antropologo in una intervista a Lettera43.it. Lo studioso dei “non luoghi” che ha “letto” con profondità nei suo libri (vedi l’articolo su Left del 4 giugno) il disagio delle periferie delle metropoli, sostiene che sul piano simbolico i terroristi «vogliono farci fare un salto indietro nel passato, vogliono riportarci alle crociate».
Cadere in una simile trappola, sarebbe un atteggiamento anti storico. Da combattere con le armi del pensiero oltre che della prevenzione, per stroncare quell’“immaginario” che seduce giovani e adolescenti “con problemi” come i protagonisti degli ultimi attacchi in Europa.