«Era l’alba del 20 settembre del 1870, quando l’artiglieria dell’esercito italiano entrava in azione per aprire un varco nella cinta muraria vaticana. Dopo cinque ore di cannoneggiamenti il muro cedeva nel tratto tra Porta Pia e Porta Salaria. Alle 9.45 i bersaglieri della XII e XIV divisione entravano in Roma. Era la fine della teocrazia vaticana. Roma era restituita all’Italia, e l’Italia all’Europa», scrive Maria Mantello, presidente dell’associazione nazionale del libero pensiero Giordano Bruno. Anche se poi, come purtroppo sappiamo, la storia italiana per responsabilità di politici “in ginocchio” ha preso tutt’altro corso: e fino ad oggi il Vaticano non ha mai smesso di interferire nella vita politica italiana, non ha mai smesso di consigliare i governi, di proporre, intervenire, chiedere e ottenere. Mussolini siglò i Patti lateranensi nel 29 e in questo modo “divenne” «l’uomo della Provvidenza». Il Concordato fu recepito dalla Costituzione nel ’48 e modificato e rilanciato nel 1984 da Craxi.
Proprio per questo, sottolinea la professoressa Mantello, è importante ricordare la ricorrenza del 146° anniversario del XX Settembre e della breccia di Porta Pia non è un appuntamento rituale ma come «l’occasione per difendere il principio della laicità» , che una sentenza della Consulta ha riconosciuto nel 1989 come cardine della nostra Costituzione.
Così oltre ad un incontro a Porta Pia il 20 settembre l’associazione Giordano Bruno organizza per mercoledì 21 settembre un importante convegno su “Vaticano e fascismo” in Palazzo Falletti, in via Panisperna 207 a Roma, a cui partecipano, tra molti altri, studiosi come Alessandro Portelli ( autore de L’ordine è già stato eseguito) con un intervento sul Papa e le fosse Ardeatine e il politologo Giovanni Sartori che affronta il tema dell’invasione di campo della Chiesa nella democrazia italiana. Il convegno che si tiene dal 15 alle 20, ha un taglio internazionale e invita Peter Gorenflos a ripercorrere le tappe dell’ascesa del fascismo in Italia e in Germania e il ruolo della Chiesa cattolica e lo slovacco Yeshayahu Jelinek a trattare un tema che purtroppo tornato di attualità con Ungheria di Orban, ovvero “i fascismi in Europa orientale”. Mentre la parte storica che riguarda la shoah in Ungheria sarà invece svolta dal belga Dirk Verhofstadt. E ancora: lo svizzero Simone Mosch farà un intervento sul tema dell’alienazione religiosa e l’editore Roberto Massari terrà un conferenza dal titolo Pio XII sapeva in occasione dell’uscita della nuova edizione del libro Con Dio e con i fascisti. Il Vaticano con Mussolini, Franco, Hitler e Pavelic di Karlheinz Deschner, l’autore della Storia criminale della Chiesa di cui Massari editore ha meritoriamente pubblicato tutti e dieci volumi. (Il primo uscì nel 1986 in Germania). Ma anche Con Dio e con i fascisti merita una attenta lettura. A cinquant’anni dalla sua pubblicazione Mit Gott und den Faschisten è un’opera ancora molto attuale, perché smaschera l’agiografia vaticana riguardo a Pio XII e documenta la collaborazione della Chiesa con Hitler, ma anche con Mussolini, con Franco e con Pavelic, il leader degli ustascia croati responsabile, insieme al cardinale Stepinac, del campo di concentramento e sterminio di Jasenovac.
Il libro di Deschner riporta in primo piano i tentativi della Chiesa di sottrarsi alle proprie responsabilità di collaborazione e sostegno del nazi fascismo. Come dichiarò il cardinale Faulhaber, Pio XII fu «l’amico migliore, anzi dapprima persino l’unico amico del Reich». E questo, scrive Karlheinz Deschner proprio nella fase più delicata per il nazionalsocialismo, quella iniziale, quando ancora la Storia avrebbe potuto prendere una direzione completamente diversa».
Per chi volesse continuare ad approfondire il tema dei rapporti fra Eugenio Maria Giuseppe Pacelli -ovvero Pio XII – e Hitler in Italia è uscito quest’anno nella collana di storia di Newton Compton, anche l’interessante libro del giornalista Guido Caldiron Quarto Reich. Qui la recensione di Left.