Tutto come da copione. A Bratislava, i quattro di Visegrad – Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – si sono presentati con una proposta comune: «Rafforzare il ruolo dei parlamenti nazionali» e rispettare «i principi di sincera cooperazione ed equilibrio istituzionale tra le istituzioni Ue».
In piena campagna elettorale – in Ungheria si vota per il referendum anti immigrati il prossimo 2 ottobre – il primo ministro ungherese Viktor Orbán rincara: «Non è giusto che la Germania cerchi di distribuire i migranti tra i vari Paesi Ue», Berlino invece «dovrebbe fissare un limite al numero di migranti che desidera accogliere», ha detto, intervistato da Origo.hu. Ma non è finita qui, Orbán si spinge fino a chiedere che tutti i «migranti illegali» vengano rastrellati e trasferiti nei campi profughi sorvegliati e finanziati dall’Unione europea. Dove? «Su un’isola o una costa del Nord Africa» dalla quale possono fare domanda di asilo.
Insomma, guidati indubbiamente dal leader ungherese, i quattro di Visegrad (ovvero 4 su 27 dell’Unione) approvano il Migration compact, concordano sulla cooperazione con la Turchia e sulla protezione – meglio ancora se armata – dei confini esterni in cui l’Ue è impegnata. Ma sulle quote obbligatorie e l’equa distribuzione dei rifugiati proprio non mollano: «Ogni meccanismo di distribuzione deve essere volontario» e propongono il principio della «solidarietà flessibile»: «Ogni Stato dovrebbe poter decidere specifiche forme di contributo, considerando la propria esperienza e il proprio potenziale».
Solidarietà flessibile, una «contraddizione in termini non prevista dai trattati» se si parla di migranti, mette in guardia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari Europei Sandro Gozi. In effetti “solidarietà” deriva dal latino: solidus, solido. «È il sostegno reciproco, al modo in cui ogni parte di un solido è retta e tenuta salda da tutte le altre: nessuna si ritrova sola nel vuoto. La solidarietà è quindi la compattezza del corpo sociale, il suo essere massiccio». Quindi per definizione non flessibile, termine che invece «indica la facilità a piegarsi, a variare, a modificarsi, ad adattarsi a situazioni o condizioni diverse».
Forse, messa così, nera su bianco, la contraddizione del concetto di «solidarietà flessibile» davanti a vite umane appare più chiara. L’attacco viene sferzato da Visegrad è duro, durissimo. E pensare che per la cancelliera Angela Merkel, quello di Visegrad è «un approccio positivo perché cerca soluzioni». Anche se la soluzione è scaricarli su un’isola africana? Non sarà troppo buona Angela?