Oliver Paasch, il Presidente della Comunità germanofona del Belgio – la più piccola delle tre comunità federali del Paese – ha affermato che soltanto il 13 per cento della popolazione nazionale sostiene il CETA.
Paasch ha anche difeso la posizione di Paul Magnette, Primo ministro della Vallonia, non tanto nel merito delle considerazioni critiche sul CETA, ma piuttosto rispetto all’onestà intellettuale che ha dimostrato: «E’ da mesi che la Vallonia solleva dubbi importanti sull’accordo e la Commissione europea ha commesso errori importanti nel condurre le negoziazioni in modo poco trasparente» .
Il Presidente della Comunità germanofona ha quindi escluso che l’atteggiamento vallone sia di natura tattica e indirizzato all’ottenimento di contropartite da Bruxelles. Paasch ha anche chiesto «rispetto per l’assetto istituzionale del Paese». che conferisce ai Parlamenti regionali la possibilità di declinare un accordo internazionale. «Ciò ha a che fare con il fatto che un trattato come il CETA va a toccare delle prerogative delle singole comunità federali».
Negli scorsi giorni alcuni eurodeputati avevano criticato il fatto che un Parlamento regionale, rappresentativo di meno dello 0,6 per cento della popolazione del continente, sia in grado di bloccare un accordo internazionale. Alessia Mosca, eurodeputata del Partito Democratico ha affermato che «esiste un problema di forma democratica». Pochi però si interrogano sul problema democratico di fondo: la resistenza al CETA e al TTIP è diffusa. Lo dimostra il 13 per cento di consenso della popolazione belga, nonché numerosi sondaggi condotti in passato. I dati dell’Eurobarometro sul TTIP, analizzati da Vote Watch nel maggio di questo anno, dimostrano per esempio che in Germania soltanto il 27 per cento della popolazione è favorevole all’accordo. Insomma, di deficit democratici, come minimo, ne esistono di diversi tipi.
Nel frattempo continua la corsa contro il tempo per trovare un accordo sul CETA. Due giorni fa, il Primo ministro Belga, Charles Michel, ha confermato che il suo Paese non è in grado di firmare il trattato. Nonostante ciò, il Primo ministro canadese, Justin Trudeau, e il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, non si danno ancora per vinti. Apparentemente le negoziazioni tra le istituzioni europee e lo stato federale belga stanno proseguendo senza soluzione di continuità.
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