Domani si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne e sarà tutto il giorno una buriana di articolesse, editoriali, specialoni e promesse e celebrazioni. Sarà pieno di uomini che, al solito, si sentiranno investiti del ruolo salvifico, puntando sulla compassione espressa alle vittime e limitandosi a qualche formula di sconcerto sugli aggressori, sulla loro atipicità e di conseguenza condonandosi in quanto maschi. E via.
Mi sono detto, stamattina, che forse sarebbe il caso anche di ascoltarle le donne. Le donne che parlano di donne ad esempio oppure ascoltare le vittime, senza le solite mediazioni. Carla Caiazzo, ad esempio, oggi dà una lezione di politica a questo Paese che s’atteggia riformista: Carla è la donna sfigurata dal suo ex compagno Paolo Pietropaolo che ha pensato di darle fuoco per punirla dopo essere stato lasciato e ieri dopo la sentenza di condanna al suo aggressore (e dopo decine di operazioni) ha chiesto al Presidente della Repubblica Mattarella di valutare la possibilità di inserire nel codice penale “l’omicidio di identità” perché, dice Carla, “sfigurare è uccidere”.
L’idea è di una potenza e semplicità enorme: un reato è tale quando una legge ne definisce la colpa e sfigurare una donna è un attentato alla femminilità senza nemmeno bisogno di uccidere una femmina. L’avvocato di Carla racconta di aver ricevuto molte lettere di uomini che contestano l’inutilità di creare un reato specifico: il femminicidio, secondo loro, basta celebrarlo una volta all’anno. Tutto qui.
(A proposito: se siete a Roma giovedì, che è domani, alla fermata Piramide l’Atac celebra il suo decimo bookcrossing con libri scritti da donne e sulle donne. Perchè viaggino le idee oltre alle metropolitane. E leggendo dell’iniziativa mi sono detto che sarebbe bello istituire un servizio pubblico di buone idee, anche. Che poi sarebbe la politica. Appunto.)
Buon giovedì.