Non è l’America di Trump, non è il Veneto di Zaia. Siamo a Bologna, capoluogo della regione rossa per eccellenza e città universitaria. Ed è il 2017. Ma i cartelli, quelli amari dell’esclusione razzista, sono sempre quelli: No “africani” (tra virgolette). L’unica differenza è che adesso la scritta campeggia non sulla vetrina di un negozio, ma in quella virtuale di un annuncio on line, nella grande bacheca Subito.it, alla voce ‘affittasi posto letto’. La storia di Sandra-Vero, a decenni di distanza dalle lotte di Nelson Mandela, Rosa Parks e Martin Luther King, è un pugno allo stomaco. Ma è cronaca. Ecco quello che è successo.
Sandra-Vero è il nome di una studentessa camerunense dell’Università di Modena e Reggio Emilia, facoltà di Economia, che vive a Bologna ed è arrivata in Italia con una borsa di studio, alcuni anni fa. Quando la si conosce sembra di stare in un libro di Chimamanda Ngozi Adichie, Americanah, dove i capelli afro sono il leit motiv per raccontare un’integrazione mai avvenuta, negli Usa di questo millennio. Vero ha un giorno i capelli ricci, un altro lunghi e lisci, un giorno intrecciati, un altro acconciati. È bella, fiera ed elegante. Con i suoi capelli e la sua storia sulle spalle risponde con un sms all’annuncio di ricerca di un posto letto alla periferia di Bologna, Borgo Panigale, dove vive e lavora per quel che può. Scrive bene in italiano e chi legge il messaggio evidentemente la immagina una connazionale: non fa errori di grammatica e si chiama pure Sandra.
Le due coetanee si mettono d’accordo per incontrarsi nell’appartamento in serata. È giovedì 19 gennaio. «Mentre ero sull’autobus ho chiamato per dire che stavo arrivando e la ragazza è stata gentile», racconta Sandra Vero. Che ha un accento francese quando parla italiano. Suona il campanello ed entra in casa. «Effettivamente ho notato un certo imbarazzo che ho pensato fosse legato al fatto che la ragazza non immaginava fossi nera, il mio nome l’avrà confusa…», prosegue la studentessa. Inizia la visita della casa e le domande di routine: costi, tempi, regole… «La ragazza poi mi chiede se ho paura dei cani e quindi anche del suo pittbull. “Per niente”, le rispondo io», chiaro e tondo. “Bene”, dice l’altra, perché di solito tutti hanno paura». Nessun problema apparente. Due ragazzi, coinquilini, sono sul divano: «Salutano con un ciao e continuano a guardare la tv: mi viene poi detto che un’altra persona aveva visto la stanza il giorno prima, che attendevano una risposta per il giorno successivo e che quindi ci saremmo risentite». «Non è un problema che la casa sia così lontana dal centro?‚ le chiede ancora l’affittuaria. «No, no; io studio a Modena e quindi per me fa lo stesso», risponde Sandra.
Il giorno dopo lo dedica alla distribuzione di curricola in giro per la città per cercare un lavoro un po’ più di fisso. «La sera, stanchissima, mi rimetto a guardare gli annunci per posti letto rendendomi conto di non avere ricevuto la chiamata da Borgo Panigale. E poi lo choc. Trovo quello relativo alla stessa casa, ma modificato di due parole: “No africani”, tra virgolette», racconta Sandra. «Anzi, c’era anche scritto “sì russi, ecc”». Vero lo fa vedere all’amica che la ospita e poi se ne va a letto, avvilita. «Mi chiama un amico per sapere se mi avevano chiamato da quella casa, gli giro l’sms, lui si arrabbia moltissimo e mi incita a chiamarli. Ma io gli dico che per quel giorno era troppo: “Mi sento già abbastanza ridicola così”». L’amico però, senza avvertire Sandra, chiama quel numero per chiedere spiegazioni, e aggiunge che sarebbe bastato dire che avevano trovato qualcun altro, senza cambiare l’annuncio in quel modo offensivo. La ragazza col cane si giustifica dicendo: «Sono stati i mie coinquilini». L’amica che la ospita, sempre di sua spontanea volontà, segnala a Subito.it il fatto ma non ottiene risposte. Tuttavia, dopo 24 ore l’annuncio sparisce.
Ma chi è la ragazza col cane di Borgo Panigale? Loredana, il suo nome; l’accento spiccatamente emiliano. Perché quell’annuncio?, le chiediamo quando la raggiungiamo al telefono. «Ho spiegato all’amico della ragazza che non sono l’unica a decidere», attacca per poi aggiungere altre argomentazioni, spesso contraddittorie. «E poi io ho il cane, un pittbull e io so che quelli là in quei posti li trattano male…». Quei posti là, così li chiama, non ben identificati, effettivamente. L’Africa è grande, il mondo di più. Ma per Loredana “quei posti” sono tutti uguali. «Una volta in Piazzola (il mercato bolognese, ndr) ho incontrato una ragazza marocchina che aveva molta paura del mio cane». La domanda sorge spontanea: mai capitato che un italiano abbia paura? «No, mai».
Certo, in casa propria uno mette chi gli pare, ma scrivere in un annuncio “no africani” è qualcosa di più: «Beh – risponde – almeno nessuno perde tempo, tanto i miei amici non li vogliono e io cosa posso farci? Io ho detto che scrivere così era proprio brutto, comunque». Le facciamo notare che è razzismo, Loredana, non è solo brutto. È un reato, anche se ormai solo se espresso in pubblico. Ma più pubblico della rete, cosa c’è? «Scusa – incalza lei – ma te ne sei accorta adesso che la gente è razzista? Ma lo vedi come li trattano nelle scuole i neri?». Come? Loredana non è in grado di rispondere e tanto meno di spiegare se si rende conto che mettere addirittura per iscritto una cosa simile è un atto terribile, indelebile, definitivo.
Dopo un quarto d’ora di conversazione è quasi impossibile capire cosa spinga una giovane donna di 25 anni nel 2017 a decidere di non volere africani in casa. Perché la risposta è niente e tutto; è il vuoto assordante, è la superficialità che non si riconosce, è la mancanza di coscienza, è l’assenza di empatia, è l’incapacità totale di avvertire che una persona va giudicata in base alle sue azioni e non al colore della pelle o alla nazionalità. È la banalità del male, insomma.
PS: In quella casa, a Borgo Panigale, al posto di Sandra-Vero è stato preso un insegnante, ci viene raccontato. Chissà se è al corrente di questa vicenda e cosa farebbe se lo sapesse.