Furono le tessitrici di Torshilovo e le dipendenti del deposito di tram dell’isola Vassilievsky a ribellarsi per prime, accendendo la miccia di un processo che nel giro di otto mesi avrebbe fatto crollare la monarchia culminata con l’ assalto del palazzo d’inverno deigli zar da parte dei bolscevichi. Da una manifestazione per festeggiare la giornata internazionale della donna partì una rivolta ben più politicizzata e consapevole, che sfociò in rivoluzione.
Dal 1917 a oggi la rivoluzione russa continua ad essere oggetto di studio. Non solo sul piano economico- politico, ma anche e soprattutto su quello della storia dell’arte: come uno dei rarissimi momenti in cui il sogno progressista dell’«uomo nuovo» e di una società più giusta e solidale ha acceso la fantasia dei pittori, ma anche quella di leader capaci. Certo, ci voleva un politico come Lenin che non aveva frequentato solo i libri di Marx ma anche i cabaret dadaisti a Zurigo. Fu capace di immaginare treni dipinti dai futuristi per far alzare la testa anche ai contadini russi, da molti secoli sfruttati come schiavi della gleba.
Ma soprattutto ci voleva la straordinaria inventiva di pittori cubo-futuristi o dalla vena fiabesca come Chagall e il primo Kandinskij per dare forma e colore, movimento e profondità al sogno di un futuro più umano dove l’arte, la musica, il teatro avrebbero avuto un ruolo di primo piano.
Ripercorre i ruggenti anni Dieci del Novecento – che in Russia videro emergere decine di nuovi talenti – il docufilm, Revolution. La nuova arte per un mondo nuovo, che sarà proiettato nelle sale cinematografiche italiane il 14 e il 15 marzo per iniziativa di Nexodigital. Un’opera straordinaria perché la regista Margy Kinmonth ricostruisce tutta la parabola della rivoluzione russa nell’arte fino ai drammatici esiti finali, attraverso documenti di archivio, spezzoni dei film di pionieri del cinema come Dziga Vertov e Sergej Mikhajlovič Ejzenštejn e una serie di inedite interviste. Non solo a storici dell’arte e direttori di musei come, Mikhail Piotrovsky dell’Ermitage e la direttrice della Galleria Tret’jakov Zelfira Tregulova. Ma anche andando a scovare artisti di oggi, nipoti e pronipoti di quei pittori raggisti, cubo-futuristi, costruttivisti e supramatisti che furono protagonisti della prima entusiasmante stagione rivoluzionaria. Per poi essere censurati, perseguitati, esiliati, internati nei gulag e non di rado uccisi se non accettavano di rinunciare allla propria ricerca per sposare un opprimente realismo socialista. Accadde soprattutto sotto il regime di Stalin, ma già Lenin, dopo le geniali aperture iniziali, aveva fatto retromarcia. Nel film lo raccontano in toccanti testimonianze il nipote di Rodčenko e il regista Andrej Konchalovskij, parlando di suo nonno pittore.

Mentre la rivoluzione russa arriva sul grande schermo (nelle sale del circuito Nexodigital e a Cinemazero di Pordenone) il Mudec di Milano dal 15 marzo rende omaggio a Vasilj Kandinskij con 49 opere che raccontano i prodromi della svolta verso l’astrazione. Nella mostra Kandinskij il cavaliere errante, promossa da 24 Ore Cultura, le curatrici Anna Masoero e hanno deciso di esporre anche 85 opere – icone, stampe popolari e oggetti di arte decorativa, che ben raccontano le radici della pittura d’avanguardia russa profondamente legata a leggende e fiabe popolari ma anche ad una religiosità diffusa che la rivoluzione di ottobre riuscì a nascondere sotto il tappeto dell’ideologia senza riuscire a laicizzare davvero il Paese. Una vena spiritualista scorre sotterraneamente in larga parte dell’arte rivoluzionaria, spesso- come nel caso di Kandinskij – cercando un’ispirazione irrazionale, alludendo a una realtà umana non cosciente, che si esprime per immagini. Di quella fase di ricerca ricca di fantasia sono espressione le opere di Kandinskij in mostra negli spazi del Museo delle Culture s Milano, (che dal 24 al 26 marzo ospita dibattiti e presentazioni di libri nell’ambito di Book Pride).
Le opere della mostra Kandinskij il cavaliere errante,provengono dall’Ermitage di San Pietroburgo, dalla Galleria Tret’jakov, dal Museo di Belle Arti A.S. Puškin e dal Museo Panrusso delle Arti Decorative, delle Arti Applicate e dell’Arte Popolare di Mosca e in gran parte non sono mai state esposte in Italia.







