Ancora un tuffo nella sinistra. Questa settimana abbiamo cercato di capire cosa vuole e dove va chi sta con Pisapia. E Manolo Monereo, padre politico di Pablo Iglesias, ci ha spiegato come Podemos ha mixato Gramsci con le rivoluzioni latinoamericane

Classe 1950, spagnolo d’Andalusia, Manolo Monereo, da molti chiamato Manuel, è un politico, un analista, un avvocato del lavoro. È un “vecchio comunista” che negli anni 80 ha fondato Izquierda Unida. Ed è anche, e soprattutto, considerato da Pablo Iglesias il suo “padre politico”. Noi lo abbiamo incontrato a Roma durante l’iniziativa del PlanB for Europe, l’11 marzo scorso. E sul numero in edicola da sabato 18 marzo, vi raccontiamo cosa ci ha detto.

Ci ha spiegato, Monereo, come Podemos abbia mixato Gramsci alle rivoluzioni latinoamericane, quanto del suo successo sia legato alla capacità di un giovanissimo gruppo dirigente, e come il nemico della casta non basti più per spiegare quali sono i poteri con cui bisogna lottare. Meglio parlare di «trama», allora, «perché», ci spiega, «neoliberalismo e corruzione sono praticamente la stessa cosa e il concetto di “casta” riusciva a definire molto bene questa relazione. Ma con una classe politica ed economica sempre più ricca e con politiche sociali sempre peggiori, se tutto quel che si riesce a fare è salvare le banche, quella parola non basta più, non rende l’idea». Casta, insomma, non restituisce l’immagine di «un potere forte anti-democratico, oligarchico, un intreccio di poteri economici, mezzi di comunicazione e politica. Un potere che, tra gli altri, ha come strumento di lotta la paralisi del cambiamento sociale». E che governa – purtroppo – l’Europa. Ecco allora anche spiegato il motivo per cui Podemos, nelle parole di Monereo, non esclude l’uscita dall’Euro. O almeno l’ipotesi di buttarla sul tavolo, la minaccia di uscire.

È un tuffo in una sinistra – che ha i suoi problemi, per carità – viva, quello che facciamo con Monereo. Che però vi regalerà anche un po’ di speranza per i fatti nostrani. Perché quando Tiziana Barillà gli fa notare che qui tocca accontentarsi di una sinistra che procede in ordine sparso, di scissione in scissione, lui le risponde con un sorriso che fa di tutto per essere rassicurante: «La sinistra italiana è molto diffusa, ma anche confusa», dice, «il problema che avete, quindi, è come tradurre l’enorme massa popolare, che però esiste; come darle un riferimento, che manca».

E bisogna allora provare a leggerlo con questa premessa l’articolo di Luca Sappino, che troverete sempre su Left acquistabile in edicola e qui in digitale, il tentativo di spiegare cosa vogliono e dove finiranno Pisapia e i suoi, un focus su uno dei frammenti della sinistra italiana, in tempi di grandi manovre e di piedi in più staffe.

L’ex sindaco di Milano, spieghiamo su Left, tiene molto alla sua immagine di federatore. E vuole lasciare a Renzi la responsabilità di un eventuale fallimento. Ma il centrosinistra di cui parla Pisapia – è la novità di questi ultimi giorni – non è affatto detto che tenga dentro il rottamatore. Un po’ perché passare per stampella di qualcuno non è certo piacevole, un po’ perché la legge elettorale non è affatto detto che prevederà le coalizioni, tant’è che Renzi per il momento ha fatto trapelare solo l’offerta, destinata a Pisapia e ai suoi (molti dei quali ex Sel), di qualche posto nelle liste del Pd, che potrebbe così raccontarsi ancora come il partito di tutto il centrosinistra, dicendo che altra sinistra non esiste.

Anzi. I più oggi scommettono che alle coalizioni (oggi non previste da ciò che resta dell’Italicum) non si aprirà anche perché toccherebbe fare delle primarie (oltre a quelle per scegliere il segretario dem), «primarie che Renzi comincia a temere», dicono i pisapiani (come chiamarli?). Vi raccontiamo allora cosa propongono Pisapia e i suoi, che cercheranno le migliori idee aprendo le Officine delle idee, appunto, ma che già hanno detto e dicono alcune cose.

Tra economia circolare, reddito e investimenti pubblici, si fatica a trovare distanze dal resto del resto della sinistra. Non sorprenda, infatti, se tra qualche mese, dopo paginate su Pisapia stampella del Pd, complice la legge elettorale, ci troveremo a parlare di un listone a sinistra del Pd, ben autonomo, che si potrà raccontare lui come il «nuovo centrosinistra», evocato non per nulla un po’ da tutti, da Pisapia e Bersani fino a Civati. Non sorprenda e anzi strappi un sorriso: sarebbe una bella notizia.

L’intervista a Monereo e il servizio su Campo progressista sono due dei pezzi del numero di Left in edicola

 

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