Il sette gennaio è stato pubblicato Sottomissione, il libro in cui Michel Houellebecq immagina la democratica conquista musulmana del potere in Francia. Un testo di denuncia del declino dei valori della République e dell’arrendevolezza degli intellettuali, che darebbero via libera alla vittoria dell’islam nello “scontro di civiltà” prefigurato da Samuel Huntington.
Sempre il sette gennaio (coincidenza?) un commando jihadista ha assaltato la redazione del Charlie Hebdo massacrando dodici persone, tra le quali alcuni notissimi vignettisti. Un’azione di guerra concepita proprio nell’ottica dello scontro di civiltà. Perché gli estremisti islamici vedono come una civiltà aliena un giornale, dichiaratamente ateo e laico, che si permette di criticare impunemente ogni religione.
Gli identitaristi in servizio permanente ne hanno ovviamente approfittato per sfoggiare la retorica dei supposti valori cristiani della nostra civiltà. E dire che Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono letteralmente agli antipodi del Charlie Hebdo. I loro valori crescono invece sullo stesso humus che ha generato Anders Breivik, che nel 2011 fece strage di 69 giovani socialisti norvegesi.
Ha però sbagliato François Hollande a sostenere che gli attentatori non hanno nulla a che fare con l’Islam. E, con lui, tutti coloro che sostengono lo stesso concetto. La realtà è complessa ma non è nemmeno così complessa da essere sempre costretti a ricorrere a semplificazioni, a luoghi comuni, talvolta al falso conclamato, solo perché si dà un giudizio aprioristicamente favorevole alla religione. È anch’essa retorica, politically correct. Cos’erano, secondo costoro, i fratelli Kouachi, che hanno urlato di aver vendicato la memoria di Maometto: atei? Desiderare ardentemente il martirio è un fenomeno religioso o agnostico? Un gruppo terrorista che si chiama “Stato islamico” si ispira inevitabilmente all’Islam, anche se non rappresenta certo tutto l’islam.
La maggior parte dei musulmani europei è pacifica, ma i musulmani europei che uccidono civili in nome della propria fede non lo sono affatto. Perché i testi sacri sono come i supermercati, ci si trova di tutto: parole che inneggiano alla pace come parole che inneggiano alla guerra. E i fedeli che li leggono e li interpretano possono a loro volta essere pacifici o estremisti, a seconda del contesto o dell’epoca storica in cui vivono.
Le Brigate Rosse erano terroristi di sinistra che cominciarono a perdere nel momento in cui la sinistra cominciò a riconoscerlo. Gli attentatori di Parigi erano imbevuti di Islam, e i movimenti a cui facevano riferimento non saranno sconfitti finché non lo si dirà apertamente. Prendiamone onestamente atto, e cerchiamo di agire sempre senza ipocrisia. Sempre.
Tra la carneficina al Charlie Hebdo e la partecipazione alla grande e bellissima manifestazione di Parigi, Matteo Renzi ha per esempio trovato il tempo di recarsi negli Emirati Arabi in visita di Stato. Uno dei tredici Paesi in cui l’ateismo è punibile con la morte: negli Emirati i redattori del Charlie Hebdo avrebbero potuto essere legalmente uccisi anche senza aver pubblicato una sola vignetta. In Arabia Saudita, altro nostro “alleato”, la legge equipara esplicitamente l’ateismo al terrorismo.
Non sconfiggeremo i jihadisti facendo business con Paesi che nutrono le loro stesse convinzioni. Una parte del mondo scherza purtroppo con il fuoco credendo e giocando allo scontro di civiltà. La chiave per impedire che divampi realmente è capire che i valori coltivati dai vignettisti del Charlie Hebdo sono universali.
Senza laicità, senza libertà di espressione, la civiltà umana non può in alcun modo progredire, e dobbiamo quindi fare di tutto per irrobustirle. Al di fuori di esse c’è soprattutto inciviltà: quella di chi ha voluto spezzare le matite di Charb e Wolinski e quella di chi vorrebbe spezzare le reni agli “sporchi musulmani”. I fatti di Parigi sono lì a ricordarcelo. Impietosamente. Ma da essi si può ripartire per aprire una nuova era di diritti.
*segretario nazionale Uaar
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