Calato il sipario sulle consultazioni del centrosinistra in Campania e Marche, si avvicina la scadenza elettorale delle regionali di maggio, vero e proprio test per il governo. Ma la classe dirigente è sempre la stessa

Elezioni regionali di maggio in arrivo tra le polemiche.  È questo il leit motiv che ha accompagnato le primarie del Pd in Liguria – con Cofferati che esce dal partito –  ma anche quelle appena concluse in Campania. «Non andate a votare» aveva detto Roberto Saviano alla vigilia, temendo il rischio brogli di precedenti consultazioni, come quelle per le comunali del 2011. Un appello subito rilanciato da Grillo che non ha perso tempo ad approfittare del vento di antipolitica letto nelle parole dello scrittore. Quest’ultimo ha tenuto a precisare che il suo voleva essere solo un monito per denunciare il fallimento della classe politica in Campania.

I due candidati della regione governata dal centrodestra di Caldoro sono nient’altro che i rappresentanti del “vecchio” sistema politico che per anni ha dominato la regione, territorio martoriato tra criminalità, inquinamento e corruzione. Il vincitore (con il 52% delle preferenze), Vincenzo De Luca, il sindaco “sceriffo” di Salerno, ex Pci e ex Ds, è sulla scena politica locale da decenni.  Con una condanna in primo grado per abuso d’ufficio si è presentato alla corsa elettorale decaduto dalla carica di primo cittadino per gli effetti della legge Severino. Ma non ha un volto “nuovo” nemmeno l’altro esponente del Pd, Andrea Cozzolino, eurodeputato: è considerato il delfino di Antonio Bassolino, il quale, come si sa, ha dato fortemente una sua impronta alla gestione politica della Regione.  Polemiche in Campania anche per il ritiro, negli ultimi giorni, della candidatura dell’ex Sel confluito nel Pd Gennaro Migliore.

Clima più “sereno” nelle Marche, dove la contesa si è svolta tutta in un Partito Democratico ormai appiattito sulle posizioni di Renzi e dei renziani, della prima e soprattutto della seconda ora. Così alla fine ha avuto la meglio Pietro Ceriscioli, ex sindaco di Pesaro che ha battuto (con il 52,53%) l’altro piddino Pietro Marcolini anche grazie ad una forte mobilitazione dei militanti della provincia pesarese, storica roccaforte di sinistra.

Calato il sipario sulle primarie in Campania e Marche, si avvicina veloce la scadenza elettorale di maggio. Che è un vero test per il governo Renzi. Si voterà probabilmente il 10 maggio (lo ha annunciato lo stesso segretario in Direzione il 27 febbraio) in sette regioni: Veneto, Toscana, Liguria, Umbria, Marche, Campania e Puglia. I candidati Pd sono: Alessandra Moretti (Veneto), Raffaella Paita (Liguria), Enrico Rossi (Toscana), Pietro Ceriscioli (Marche), Catiuscia Marini (Umbria), Vincenzo De Luca (Campania) e Vittorio Emiliano (Puglia). Le polemiche però non accennano a finire, sia per la natura delle leggi elettorali delle singole regioni (in Toscana otto consiglieri Pd al momento del voto hanno lasciato l’aula), sia per la questione delle alleanze, e per il ruolo di Sel.

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