Nessun segnale che le trattative tra la Grecia e le istituzioni europee possano sbloccarsi. Sinora il governo greco non ha ottenuto niente, ma non è neppure arretrato.

Nessun segnale che le trattative tra la Grecia e le istituzioni europee possano sbloccarsi. Sinora il governo greco non ha ottenuto niente, ma non è neppure arretrato. Ricordiamo i fatti.

Il 24 febbraio, l’Eurogruppo, che è composto dai ministri finanziari dei diciannove Paesi che hanno adottato l’euro, trova l’accordo con la Grecia per una proroga di quattro mesi dell’attuale piano di aiuti finanziari. Subordina tuttavia l’erogazione dell’ultima tranche di prestiti (7,2 miliardi), alla presentazione di un piano di riforme sul quale trovare un accordo entro la fine di aprile.

Il 5 marzo, in vista della nuova riunione dell’Eurogruppo convocata per il 9, il ministro delle Finanze greco Varoufakis trasmette un documento che elenca sette riforme da far partire in tempi brevi. Il progetto disegna i primi passi per la modernizzazione del Paese, per risollevarlo dalla situazione disastrosa in cui l’hanno gettato i governi irresponsabili che si sono succeduti dalla fine del regime dei colonnelli: una pubblica amministrazione lottizzata, clientelare e corrotta, il dilagare dell’evasione fiscale e delle frodi.

Tra le riforme proposte c’è quella di porre le basi per la costruzione di un’amministrazione finanziaria che sappia far pagare le imposte, che in Grecia non esiste. Considerato che non può farsi dall’oggi al domani, si prevedono una serie di azioni di tipo emergenziale, come quella di sguinzagliare per negozi e ristoranti, travestiti da “clienti”, ispettori fiscali non professionisti (studenti, casalinghe, anche turisti) attrezzati per documentare, con registrazioni audio e video, l’evasione fiscale. Potrà far sorridere, ma testimonia, da una parte, lo stato di sgretolamento delle istituzioni e, dall’altra, che la Grecia non può più permettersi di non far pagare le imposte: le casse sono vuote, da quando si è insediato il nuovo governo anche i contribuenti che qualcosa pagavano hanno smesso di farlo. Si tratta di combattere, scrive Varoufakis, la cultura dell’evasione: egli auspica che il piano possa rapidamente «cambiare gli atteggiamenti… diffondere nella società un senso di giustizia, generare una nuova cultura dell’adempimento fiscale».

Le altre riforme prospettate riguardano il rafforzamento delle procedure di bilancio, la riforma della pubblica amministrazione, le misure per fare fronte alle situazioni di estrema povertà. Niente di rivoluzionario dunque. Ma neppure alcun cedimento, per esempio in tema di privatizzazioni o di livello dell’avanzo primario. Ecco allora che il documento ha fatto letteralmente imbestialire la Germania e i suoi fedeli alleati.

Il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble ha usato toni sprezzanti, tornando provocatoriamente a parlare di Troika e dichiarando che la Grecia non vedrà un euro. Che il governo greco voglia tener duro sui punti qualificanti del proprio programma lo conferma Tsipras in un’intervista a Der Spiegel. Ricorda come oggi in Grecia il 35 per cento della popolazione sia in condizioni di povertà, come 600.000 bambini non abbiano sufficienti alimenti. È in tutto il Sud d’Europa, ci dice, che si deve cambiare corso. E richiama il problema politico: «Punendo Syriza in Grecia, non rallenterete la crescita di Podemos in Spagna, semplicemente lo costringerete a diventare un movimento antieuropeo, e rafforzerete Grillo in Italia, Marine Le Pen in Francia, Nigel Farage in Gran Bretagna». Ha ragione.

E si può aggiungere che, nell’attuale situazione internazionale, sarebbe da folli lasciare andare la Grecia alla deriva. Ma potrà mai questa Europa cominciare a pensare in grande?