Eccola l’Italia dell’accoglienza e della violenza delle parolePregiudizi, violenti comunque, e destinati a creare un clima di odio e di intolleranza sempre più asfissiante. Lo dimostrano gli ultimi episodi. In Veneto, tre giorni fa, dopo le proteste dei residenti di Quinto di Treviso - che sono arrivati a dare alle fiamme suppellettili e materassi degli appartamenti dei profughi - il prefetto ha fatto dietrofront e i richiedenti asilo sono stati trasferiti in una ex caserma. A Roma, nella periferia Nord, a Casale San Nicola, contro l’arrivo di 19 profughi in una scuola elementare, si sono scatenati militanti di centrodestra e di Casa Pound. Anche in questo caso è stato deciso il blocco dei trasferimenti. Che cosa accade?
Incapacità dello Stato nella gestione dell’accoglienza e assenza della sinistraCome ieri hanno giustamente fatto notare sia Chiara Saraceno su Repubblica che Alessandro Portelli sul Manifesto abbiamo assistito a una incapacità dello Stato e a un’assenza della sinistra. Ciò che è avvenuto in Veneto e a Roma secondo la sociologa torinese «è in larga misura la conseguenza dell’insipienza, del pressapochismo del governo e del ministero degli interni, che sembrano continuare a trattare gli arrivi dei migranti, per lo più fatti sbarcare sulle nostre coste dalle navi di soccorso, come un fenomeno imprevedibile e imprevisto». È grave anche il silenzio della sinistra. Dice Alessandro Portelli sul Manifesto di domenica: «Ci siamo riempiti la bocca con Syriza, ma in un paese ben più difficile e con più immigrati del nostro, Syriza nelle strade e nei quartieri c'era, ed è per questo che finora Alba Dorata non egemonizza le piazze...». Dove sono i politici del Pd o di Sel? Perché non si sono fatti sentire per contrastare il dilagare del populismo di destra?
Più informazione contro la deriva razzistaIl ruolo dei media è stato uno dei temi affrontati sabato 18 luglio durante l’incontro promosso da Left nello splendido Giardino dei ciliegi al Quadraro, nell’ambito di una rassegna che è anche presidio culturale. Partendo dal libro curato da Marco Omizzolo e Pina Sodano Migranti e territori (Ediesse), una collettanea di saggi di docenti universitari, ricercatori, giornalisti e funzionari pubblici sulla reale condizione di vita dei migranti nel nostro Paese, il discorso è scivolato inevitabilmente sulla cronaca. E sull’arretratezza dell’Italia rispetto al tema dell’accoglienza. Omizzolo è stato chiaro: «Il modo in cui il nostro Paese si muove sul fronte dei migranti indica il grado di democrazia raggiunto». Mentre per Pape Diaw, portavoce della comunità senegalese a Firenze, occorre puntare sulla formazione e sulla scuola che deve formare i cittadini di domani anche sul rispetto dei diritti dello straniero, Enrico Calamai ha presentato l’iniziativa che dovrebbe partire a settembre.
Il Tribunale permanente dei popoli per indagare sui nuovi desaparecidos, i migranti morti del MediterraneoEx vice console in Argentina nel 1976 al tempo dei generali, Calamai insieme a un sindacalista riuscì allora a salvare centinaia di cittadini di origine italiana perseguitati dal regime, come ha raccontato nel libro Niente asilo politico (Editori riuniti). A lui si deve il Comitato Verità e Giustizia per i nuovi desaparecidos, i migranti morti nel Mediterraneo. Perché Enrico Calamai ha visto, da subito, una correlazione tra la “sparizione” dei giovani argentini e quella dei migranti ingoiati dal mare. Come furono chiare le responsabilità dei generali argentini, adesso sono da tutte da dimostrare quelle degli Stati che hanno permesso - anche con l’omissione di soccorso, perché è impossibile, con i sofisticati strumenti a disposizione, non avvistare le navi dei migranti - le stragi in mare. Oltre ventimila i morti dal 1988, ma sono tutti numeri per difetto.
Un Tribunale d’opinione per arrivare alla sentenza del crimine di lesa umanità«Il Tribunale permanente dei popoli è una derivazione del famoso Tribunale Russell - racconta Calamai - che negli anni 70 ha svolto un ruolo politico molto importante. Ha aperto le sue attività studiando la situazione del Vietnam e ha condannato gli Usa in quanto aggressori di un popolo che voleva soltanto la propria indipendenza. Questo fatto ha creato un’opinione pubblica partecipe di quanto succedeva laggiù e ha permesso la sconfitta della superpotenza americana». Il Tribunale ha la sua sede a Roma, alla fondazione Basso, ed è un tribunale d’opinione, emana cioè sentenze che non hanno “forza” come quelle del tribunale internazionale dell’Aja o della Corte europea dei diritti dell’uomo. «Ma sono sentenze che hanno valore d’opinione, morale - continua Calamai - e il tribunale funziona a tutti gli effetti come vero tribunale. Raccoglie elementi per arrivare a dimostrare il crimine di lesa umanità. Noi riteniamo che le ventimila morti non possono essere una catena di incidenti di percorso, ma sono il frutto di una politica di chiusura europea, una sorta di deterrente per coloro che arrivano. E quando siamo di fronte a un crimine di lesa umanità, gli unici responsabili sono i governi. L’obiettivo di ricorrere al Tribunale - conclude Calamai - è di mettere in movimento uno strumento giuridico perché il diritto è l’unica vera arma della civiltà che ponga fine all’impunità di questi politici». [social_link type="twitter" url="http://twitter.com/dona_Coccoli" target="on" ][/social_link] @dona_Coccoli
Mentre il razzismo nostrano continua a imperversare nei suoi multiformi aspetti, c’è chi, come il Comitato Verità e Giustizia per i nuovi desaparecidos vuole portare davanti a un Tribunale permanente dei popoli gli Stati che hanno permesso le stragi in mare dei migranti. È un tribunale d’opinione, non penale, ma se si arrivasse alla sentenza di crimine di lesa umanità, forse questo sarebbe una leva contro l’ondata di pregiudizi e di intolleranza ormai dilaganti nel nostro Paese. Tra l’altro il Comitato ha di recente pubblicato una lettera proprio per denunciare il silenzio che avvolge le tragedie in mare.
Eccola l’Italia dell’accoglienza
e della violenza delle parole
Pregiudizi, violenti comunque, e destinati a creare un clima di odio e di intolleranza sempre più asfissiante. Lo dimostrano gli ultimi episodi. In Veneto, tre giorni fa, dopo le proteste dei residenti di Quinto di Treviso – che sono arrivati a dare alle fiamme suppellettili e materassi degli appartamenti dei profughi – il prefetto ha fatto dietrofront e i richiedenti asilo sono stati trasferiti in una ex caserma. A Roma, nella periferia Nord, a Casale San Nicola, contro l’arrivo di 19 profughi in una scuola elementare, si sono scatenati militanti di centrodestra e di Casa Pound. Anche in questo caso è stato deciso il blocco dei trasferimenti. Che cosa accade?
Incapacità dello Stato
nella gestione dell’accoglienza
e assenza della sinistra
Come ieri hanno giustamente fatto notare sia Chiara Saraceno su Repubblica che Alessandro Portelli sul Manifesto abbiamo assistito a una incapacità dello Stato e a un’assenza della sinistra. Ciò che è avvenuto in Veneto e a Roma secondo la sociologa torinese «è in larga misura la conseguenza dell’insipienza, del pressapochismo del governo e del ministero degli interni, che sembrano continuare a trattare gli arrivi dei migranti, per lo più fatti sbarcare sulle nostre coste dalle navi di soccorso, come un fenomeno imprevedibile e imprevisto». È grave anche il silenzio della sinistra. Dice Alessandro Portelli sul Manifesto di domenica: «Ci siamo riempiti la bocca con Syriza, ma in un paese ben più difficile e con più immigrati del nostro, Syriza nelle strade e nei quartieri c’era, ed è per questo che finora Alba Dorata non egemonizza le piazze…». Dove sono i politici del Pd o di Sel? Perché non si sono fatti sentire per contrastare il dilagare del populismo di destra?
Più informazione
contro la deriva razzista
Il ruolo dei media è stato uno dei temi affrontati sabato 18 luglio durante l’incontro promosso da Left nello splendido Giardino dei ciliegi al Quadraro, nell’ambito di una rassegna che è anche presidio culturale.
Partendo dal libro curato da Marco Omizzolo e Pina Sodano Migranti e territori (Ediesse), una collettanea di saggi di docenti universitari, ricercatori, giornalisti e funzionari pubblici sulla reale condizione di vita dei migranti nel nostro Paese, il discorso è scivolato inevitabilmente sulla cronaca. E sull’arretratezza dell’Italia rispetto al tema dell’accoglienza. Omizzolo è stato chiaro: «Il modo in cui il nostro Paese si muove sul fronte dei migranti indica il grado di democrazia raggiunto». Mentre per Pape Diaw, portavoce della comunità senegalese a Firenze, occorre puntare sulla formazione e sulla scuola che deve formare i cittadini di domani anche sul rispetto dei diritti dello straniero, Enrico Calamai ha presentato l’iniziativa che dovrebbe partire a settembre.
Il Tribunale permanente dei popoli
per indagare sui nuovi desaparecidos,
i migranti morti del Mediterraneo
Ex vice console in Argentina nel 1976 al tempo dei generali, Calamai insieme a un sindacalista riuscì allora a salvare centinaia di cittadini di origine italiana perseguitati dal regime, come ha raccontato nel libro Niente asilo politico (Editori riuniti). A lui si deve il Comitato Verità e Giustizia per i nuovi desaparecidos, i migranti morti nel Mediterraneo. Perché Enrico Calamai ha visto, da subito, una correlazione tra la “sparizione” dei giovani argentini e quella dei migranti ingoiati dal mare. Come furono chiare le responsabilità dei generali argentini, adesso sono da tutte da dimostrare quelle degli Stati che hanno permesso – anche con l’omissione di soccorso, perché è impossibile, con i sofisticati strumenti a disposizione, non avvistare le navi dei migranti – le stragi in mare. Oltre ventimila i morti dal 1988, ma sono tutti numeri per difetto.
Un Tribunale d’opinione
per arrivare alla sentenza
del crimine di lesa umanità
«Il Tribunale permanente dei popoli è una derivazione del famoso Tribunale Russell – racconta Calamai – che negli anni 70 ha svolto un ruolo politico molto importante. Ha aperto le sue attività studiando la situazione del Vietnam e ha condannato gli Usa in quanto aggressori di un popolo che voleva soltanto la propria indipendenza. Questo fatto ha creato un’opinione pubblica partecipe di quanto succedeva laggiù e ha permesso la sconfitta della superpotenza americana». Il Tribunale ha la sua sede a Roma, alla fondazione Basso, ed è un tribunale d’opinione, emana cioè sentenze che non hanno “forza” come quelle del tribunale internazionale dell’Aja o della Corte europea dei diritti dell’uomo. «Ma sono sentenze che hanno valore d’opinione, morale – continua Calamai – e il tribunale funziona a tutti gli effetti come vero tribunale. Raccoglie elementi per arrivare a dimostrare il crimine di lesa umanità. Noi riteniamo che le ventimila morti non possono essere una catena di incidenti di percorso, ma sono il frutto di una politica di chiusura europea, una sorta di deterrente per coloro che arrivano. E quando siamo di fronte a un crimine di lesa umanità, gli unici responsabili sono i governi. L’obiettivo di ricorrere al Tribunale – conclude Calamai – è di mettere in movimento uno strumento giuridico perché il diritto è l’unica vera arma della civiltà che ponga fine all’impunità di questi politici».
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