La giornata dei rifugiati: dalle campagne ungheresi a Lesbos. Le dichiarazioni di Angela Merkel sulla necessità di rivedere la convenzione di Dublino e la propaganda dei governi che non vogliono accogliere le persone in fuga dalla guerra

La giornata dei rifugiati è come sempre fatta di notizie che arrivano da angoli remoti del continente come l’isola di Lesbos o il confine greco-macedone e dalle capitali europee importanti, dove si discute di come, quanto e in che forma accogliere l’ondata di persone in fuga dalla guerra.

Merkel: rivedere Dublino

Cominciamo da Angela Merkel, che ha detto alcune cose importanti. Le premier tedesca ha detto che le quote proposte nell’ambito del piano europeo da 160mila ingressi del regime, che prevede l’assegnazione alla Germania di 31.000 rifugiati, è il minimo che si possa fare. Merkel ha anche parlato di rivedere la convenzione di Dublino che regola la modalità di richiesta di asilo sul suolo europeo. E questa è una novità importante. «Il sistema di asilo comune non può solo esistere sulla carta. Lo dico perché essa stabilisce norme minime per l’accoglienza dei rifugiati e la loro registrazione», ha detto al termine di un incontro con il premier svedese Stefan Löfven a Berlino. Il vice cancelliere Sigmar Gabriel detto che la Germania potrebbe far entrare 500.000 rifugiati per diversi anni a venire.

Il tema sollevato da Merkel – riscrivere e rivedere Dublino – è serio. L’Italia lo ha chiesto nel periodo in cui l’emergenza era quella degli sbarchi. Più in generale – è un rilievo fatto dall’incaricato speciale dell’Onu per le migrazioni Sutherland – il rischio è quello che a saltare sia il sistema di Schengen, con sempre più Paesi, quelli che non vogliono nuovi arrivi, che potrebbero ritirarsi dalla politica delle frontiere interne aperte. Il paradosso è che quei Paesi che oggi rifiutano l’accoglienza sono gli stessi che hanno più beneficiato, in termini di possibilità di emigrare, dell’apertura delle frontiere. Domani al parlamento di Strasburgo il presidente delal commissione Juncker terrà il primo discorso sullo Stato dell’Unione europa del suo mandato. Sarà interessante verificare se userà toni aspri contro i governi che adottano comportamenti disumani o se le parole grosse volano solo quando in ballo c’è il debito greco.

L’est fa quadrato contro l’accoglienza 

A fronte delle parole di buon senso della premier tedesca vanno registrate le dichiarazioni del suo omologo ungherese Viktor Orban, che ha annunciato l’accelerazione della costruzione del muro al confine con la Serbia durante un’ispezione ai lavori, spiegando che occorrerà mettere più operai all’opera. L’Europa dell’est, o meglio, i governi della regione, si stanno distinguendo in una gara di dichiarazioni sbagliate. Il vice premier polacco Tomasz Siemoniak ha attaccato i tedeschi spiegando che: a) la strada intrapresa incoraggia altre persone a venire in Europa; b) che al suo Paese non si può insegnare nulla di solidarietà perché è li che è nata Solidarnosc. Un punto di vista improbabile, ma in alcune capitali dell’est la gara a chi mostra più il petto in fuori è in pieno svolgimento. La chiusura e relativa omogeneità dei Paesi oltre cortina di ferro ha probabilmente prodotto una cultura poco propensa all’accoglienza di persone diverse e i governanti di destra lo sanno.


 

muri-migranti-europa-fortezza-800x600

Fortezza Europa, quando i muri non bastano. La mappa interattiva di Left sui muri anti immigrazione nel continente e non solo 

[divider] [/divider]

Non solo est, anche Danimarca e Cipro

A proposito di propaganda interna, vano registrata la presa di posizione del ministro cipriota Socrates Hasikos che lunedì ha spiegato che il suo governo è disposto ad accogliere 300 persone, ma che queste devono essere greco-ortodosse e la pubblicità pagata dal governo danese e pubblicata su quattro giornali libanesi. Pensata per scoraggiare gli ingressi, spiega che da oggi entrano in vigore norme restrittive per i richiedenti asilo: verrà tagliata l’assistenza del 50%, si richiederà la conoscenza del danese per ottenere un permesso di residenza e si renderà più difficile il ricongiungimento familiare. Qui sotto la foto della circolare in inglese e arabo.

Rözske tra Ungheria e Austria

Un altro punto di frizione-tensione è il confine austro-ungarico. La notte scorsa nel grande campo allestito nelle campagne ha fatto molto freddo, oggi molti rifugiati hanno deciso di mettersi in cammino verso il confine aistriaco nonostante il divieto della polizia. Altri sono rimasti fermi al campo. La vicenda delle persone in marcia è ben descritta dai tweet di alcuni inviati sul posto. Prima si parte, poi si viene fermati dalla polizia ungherese che circonda un gruppo e lo blocca. Notate lo spray urticante in dotazione ai poliziotti. Sono scene molto gravi che niente hanno a che fare con la civiltà europea.

Lesbos

Ventimila rifugiati su un’isola da 90mila abitanti e giorni di attesa in una situazione difficile per poter essere registrati e imbarcati sui traghetti – da qui continua il viaggio verso il nord dell’Europa. Frontex ha offerto di inviare sull’isola dei funzionari per assistere le autorità greche e accelerare le pratiche di registrazione. Qui sotto due foto che danno un’idea della situazione sull’isola. E in fondo una foto che racconta bene cosa significhi attraversare un Paese a piedi: rifugiati si aiutano a vicenda a fare una salita al confine tra Macedonia e Grecia.

Greece MigrantsGreece Migrants

Greece Migrants

(foto AP)

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/minomazz” target=”on” ][/social_link]@minomazz