Dopo il caso Air France, Landini si dice pronto a occupare le fabbriche in Italia. Ecco dieci esempi di fabbriche già recuperate dagli operai italiani

«Oggi qualsiasi azienda che chiude è persa per sempre. Per difendere posti di lavoro e crearne di nuovi siamo pronti a utilizzare, democraticamente come abbiamo sempre dimostrato, determinate azioni», lo ha detto il segretario della Fiom Cgil Maurizio Landini, ai microfoni di Agorà su Raitre. Landini ha commentato così quanto accaduto ad Air France, dove i dipendenti hanno fatto irruzione nella sede del gruppo per protestare contro il nuovo piano aziendale, con il taglio di 2.900 posti di lavoro: 300 piloti, 900 assistenti di volo e 1.700 personale di terra.

Occupare le fabbriche? Sarei pronto a farlo per difendere il lavoro. Oggi qualsiasi azienda che chiude è persa per sempre. Per difendere posti di lavoro e crearne di nuovi siamo pronti ad utilizzare, democraticamente come abbiamo sempre dimostrato, determinate azioni. Il manager di Air France aggredito dai dipendenti è il segno delle difficoltà e delle disuguaglianze di questo momento. Prima la differenza di stipendio tra un manager e un operaio era di 20-30 volte, ora si è arrivati a 500-1.000 volte. Se il governo ha 5 miliardi, faccia investimenti anziché cancellare la tassa sulla prima casa, spenda queste somme per un piano straordinario di investimenti sul territorio che genererebbe posti di lavoro.

Postato da Maurizio Landini  Martedì, 6 Ottobre 2015

All’indomani del caso Air France –  mentre la foto del manager che scappa con addosso brandelli di camicia fa il giro del mondo – ecco una buona occasione per riportare l’attenzione sui “workers buyout”, o più semplicemente fabbriche recuperate. Dalla Rimaflow, Trezzano sul Naviglio, a Milano – che abbiamo visitato con Left lo scorso mese, il reportage lo trovate cliccando qui – al Birrificio Messina, che andremo a visitare il prossimo 15 ottobre nella città dello Stretto, sempre con il tour Mirafiori Lunapark. E ancora la Ncs di Rimini nata dopo il fallimento della Sia, la Nuova Bulleri Brevetti di Cascina a Pisa, la Raviplast di Ravenna. Di fabbriche recuperate in Italia ce ne sono già, Legacoop – che ne sostiene più di 30 con Coopfond – stima che siano 400 le aziende in fallimento  ripartite sotto forma di cooperativa, dando lavoro a quasi 700 persone. Ecco alcuni casi.

10 esempi di fabbrica recuperata in Italia

D.&C. Modellaria di Vigodarzere, Padova. Riuniti in una cooperativa, gli operai progettano e realizzano costruzioni di modelli per fonderie, in legno, resina, alluminio, ghisa e acciaio. Mischiando i saperi artigianali accumulati in trent’anni e l’uso di moderne tecnologie. Nel 2010, dopo il fallimento dell’ex Modelleria Quadrifoglio, i 12 ex lavoratori dell’azienda sono diventati cooperatori con il supporto finanziario di Legacoop-Veneto: hanno rilevato l’attività utilizzando l’anticipo dell’indennità di mobilità, come previsto dalla legge 223 del 1991 per intraprendere l’attività in cooperativa.

Calcestruzzi Ericina Libera, Trapani. Qui gli operai, anch’essi riuniti in una cooperativa, producono materiale per edifici, utilizzando un impianto di riciclaggio di materiali destinati alla discarica. La Calcestruzzi Ericina, confiscata alla mafia nel 2000, è stata gestita in amministrazione giudiziaria fino al 2009, quando è stata consegnata, come prevede la legge sull’uso sociale dei beni confiscati (La n.109 del 1996), a una cooperativa di 6 soci, già lavoratori dell’azienda prima del sequestro.

GresLab, Scandalino, Reggio Emilia. La cooperativa è nata dalle ceneri della ex-Optima spa, industria operante nel settore della ceramica. L’azienda in liquidazione è stata salvata dai 40 operai che si sono costituiti in cooperativa, con il supporto di Legacoop Reggio Emilia e il finanziamento di Banca etica.

Fonderie Zen, Albignasego, Padova. Nella fabbrica i 141 dipendenti fabbricano componenti per auto e macchine agricole. È uno degli stabilimenti del gruppo di Florindo Garro che nel 2008 contava più di 3mila dipendenti e un fatturato di 510 milioni di euro. Dopo due anni di amministrazione straordinaria, a cambiare il destino della fabbrica ci hanno pensato i lavoratori: circa 2mila euro a testa, per coprire una parte della liquidazione, la costituzione della cooperativa con un capitale sociale di 250mila euro e la parallela costituzione di una srl, tra i dirigenti dell’azienda. Cooperativa e società dei dirigenti hanno avanzato la proposta d’interesse per l’acquisizione della società che, valutata positivamente dal ministero, consente l’acquisizione.

Esplana Sud di Nola, Napoli. L’azienda di imballaggi per ortofrutta, dopo aver messo in cassa integrazione 120 operai, è stata occupata per cinque mesi. Poi si è passati all’autogestione. L’azienda, nel frattempo, veniva messa in liquidazione. Lo scorso aprile Carovana Coop, nata grazie a 40 ex dipendenti che hanno investito il loro trattamento di fine rapporto e l’indennizzo di mobilità, ha rilevato l’ex Esplana

Cantiere Navale di Trapani. I 32 lavoratori licenziati nel dicembre 2011, hanno promosso per otto mesi una campagna di raccolta fondi terminata con la costituzione della cooperativa Bacino di Carenaggio, come del resto avevano fatto qualche anno prima quelli della Cooperativa Cantieri Megaride di Napoli.

Art lining di Reggio Emilia, specializzati nella produzione di interni per cravatte, si sono costituiti in cooperativa dal 2008, i tre soci fondatori sono gli ex dipendenti di Lincra srl.

Vetreria, Empoli. Gli operai producono vetro soffiato, un mestiere sempre più raro. Perciò, oltre ad avviare un workers buyout, hanno avviato anche una scuola di formazione per giovani.

Cooprint, Colle Val d’Elsa, Siena. La tipografia, messa su nel dicembre del 2010 da 13 soci, che hanno rilevato le attività di una storica azienda toscana, Alsaba grafiche, da trent’anni nel settore della produzione tipografica e editoriale.

Ipt (Industria Plastica Toscana) di Scarperia, Firenze. Fabbrica recuperata negli anni 90, adesso è una cooperativa, producevano sacchetti e pellicole per pane, oggi hanno anche avviato un processo di conversione ecologica e si preparano a realizzare shopper biodegradabili.

argentina

Quel movimento argentino del 2001…

Nel 2001 il movimento dei disoccupati argentini apre a un nuovo immaginario l’intero sguardo del mondo: quello che supera la logica della proprietà privata. In Argentina, le aziende recuperate si sono rivelate uno dei progetti più durevoli emersi dalla crisi: 205 aziende recuperate, oggi tutte funzionanti. Fabbriche di cioccolata, scarpe, macchine da stampa, alberghi. Lo racconta bene il famoso documentario di Naomi Klein, The take (2004), e anche alcuni libri come «Sin patron» del Collettivo di giornalisti La Vaca (Carta e Gesco) e «Lavorare senza padroni» di Elvira Corona (Emi). L’ultima, e non per importanza, riflessione la affidiamo a Raúl Zibechi, scrittore e giornalista latinoamericano:

In queste iniziative il lavoro alienante non è più la forma dominante, grazie alla rotazione delle mansioni e alla consapevolezza acquisita dei lavoratori.

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