Matteo Renzi si è seduto al tavolo buono. Una tavola rotonda, per essere precisi, che il 25 aprile ha riunito, a fianco del premier italiano, Francois Hollande, Angela Merkel, Barak Obama e David Cameron. I leader dei 5 Paesi chiamati a decidere della guerra al Daesh, del modo di accogliere o respingere i profughi, della sorte dell’Ucraina e dei rapporti tra Occidente e Russia, dei trattati a tutela del libero commercio e del futuro dell’Unione Europea, vale a dire welfare, diritti, politica e istituzioni comuni. Non so cosa abbia detto: questi colloqui vengono registrati dallo staff ma secretati, perché ognuno dei leader possa poi contarsela con i media domestici. So cosa avrebbe dovuto dire: L’Italia crede nell’Europa, cerca la distensione con la Russia - senza concessioni a Putin sul tema dei diritti -, è convinta che si debba chiudere la partita con i terroristi di al Bagdadi, appoggiando tutte le forze che li combattano sul campo e minacciando l’embargo contro Arabia Saudita e Turchia se continueranno il loro doppio gioco. I profughi vanno accolti, non mandati a casa a morire come fecero gli americani nel ’39 con gli ebrei della St. Louis. Vinto l’Isis, con una grande sottoscrizione mondiale si finanzi il ritorno a casa di tutti coloro che vorranno. Sul libero commercio, se ne discuta ma senza clausole segrete e senza consegnare alle multinazionali le chiavi della politica e degli Stati. E quanto all’Europa, sia unita, si dia istituzioni democraticamente elette, affermi nel mondo tolleranza e diritti, e adotti una politica fiscale solidale, con eurobond che finanzino un piano europeo per il lavoro. Utopia? Niente affatto. Cameron è un leader dimezzato. Se le forze che sostengono il Brexit vinceranno, sarà lo sconfitto; se perderanno sarà per merito di Corbyn, degli scozzesi, di Obama e financo di parte della City. Obama quel discorso l’avrebbe ascoltato con interesse: in fondo con la riforma sanitaria, dell’immigrazione e con la condanna dell’uso delle armi, egli ha portato in America dosi omeopatiche di Europa. E Merkel e Hollande? Il motore europeo è ingolfato, i due si attaccano al timone per governare l’abbrivio della nave. Finché andrà. Questo è il tempo della politica. Una grande politica europea, liberale e solidale. Democratica perché consegna ai cittadini le leve delle scelte fondamentali. Visionaria, perché scommette su di un mondo multipolare, sull’innovazione e la ricerca, sulla dignità di tutte le persone umane, quali che ne siano il colore o le scelte sessuali. Purtroppo non è questa la politica di Renzi. La sua politica rinuncia a cambiare il mondo mentre chiede per il suo governo una delega molto ampia, riduce il voto alla scelta del capo, usa bonus e sgravi fiscali come surrogato dei contratti liberamente sottoscritti e dei diritti acquisiti. Una politica che pretende di arrestare i corrotti mettendo il bavaglio alle intercettazioni e chiede ai magistrati di non disturbare il manovratore. Nell’interesse dell’Italia, s’intende. Non dubito che faccia questo con le migliori intenzioni, perché la sua gli sembra l’unica politica realista e perché non sa fare altro. Dico però che non sarà lui il principe capace di svegliere l’Italia, bella e addormentata. I nostri giovani hanno bisogno di sognare, non di diventare politicanti. La nostra gente deve tornare a partecipare, non delegare al governo o disertare le urne. Il primo maggio torni «il giorno del risveglio alla luce e alla conoscenza, in un’alleanza fraterna per combattere ogni oppressione, ogni arbitrio, ogni sfruttamento». [su_divider text="In edicola" style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

[su_column]left n. 18 vauro[/su_column]

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Matteo Renzi si è seduto al tavolo buono. Una tavola rotonda, per essere precisi, che il 25 aprile ha riunito, a fianco del premier italiano, Francois Hollande, Angela Merkel, Barak Obama e David Cameron. I leader dei 5 Paesi chiamati a decidere della guerra al Daesh, del modo di accogliere o respingere i profughi, della sorte dell’Ucraina e dei rapporti tra Occidente e Russia, dei trattati a tutela del libero commercio e del futuro dell’Unione Europea, vale a dire welfare, diritti, politica e istituzioni comuni.

Non so cosa abbia detto: questi colloqui vengono registrati dallo staff ma secretati, perché ognuno dei leader possa poi contarsela con i media domestici. So cosa avrebbe dovuto dire: L’Italia crede nell’Europa, cerca la distensione con la Russia – senza concessioni a Putin sul tema dei diritti -, è convinta che si debba chiudere la partita con i terroristi di al Bagdadi, appoggiando tutte le forze che li combattano sul campo e minacciando l’embargo contro Arabia Saudita e Turchia se continueranno il loro doppio gioco. I profughi vanno accolti, non mandati a casa a morire come fecero gli americani nel ’39 con gli ebrei della St. Louis. Vinto l’Isis, con una grande sottoscrizione mondiale si finanzi il ritorno a casa di tutti coloro che vorranno. Sul libero commercio, se ne discuta ma senza clausole segrete e senza consegnare alle multinazionali le chiavi della politica e degli Stati. E quanto all’Europa, sia unita, si dia istituzioni democraticamente elette, affermi nel mondo tolleranza e diritti, e adotti una politica fiscale solidale, con eurobond che finanzino un piano europeo per il lavoro.

Utopia? Niente affatto. Cameron è un leader dimezzato. Se le forze che sostengono il Brexit vinceranno, sarà lo sconfitto; se perderanno sarà per merito di Corbyn, degli scozzesi, di Obama e financo di parte della City. Obama quel discorso l’avrebbe ascoltato con interesse: in fondo con la riforma sanitaria, dell’immigrazione e con la condanna dell’uso delle armi, egli ha portato in America dosi omeopatiche di Europa. E Merkel e Hollande? Il motore europeo è ingolfato, i due si attaccano al timone per governare l’abbrivio della nave. Finché andrà.

Questo è il tempo della politica. Una grande politica europea, liberale e solidale. Democratica perché consegna ai cittadini le leve delle scelte fondamentali. Visionaria, perché scommette su di un mondo multipolare, sull’innovazione e la ricerca, sulla dignità di tutte le persone umane, quali che ne siano il colore o le scelte sessuali.
Purtroppo non è questa la politica di Renzi. La sua politica rinuncia a cambiare il mondo mentre chiede per il suo governo una delega molto ampia, riduce il voto alla scelta del capo, usa bonus e sgravi fiscali come surrogato dei contratti liberamente sottoscritti e dei diritti acquisiti. Una politica che pretende di arrestare i corrotti mettendo il bavaglio alle intercettazioni e chiede ai magistrati di non disturbare il manovratore. Nell’interesse dell’Italia, s’intende. Non dubito che faccia questo con le migliori intenzioni, perché la sua gli sembra l’unica politica realista e perché non sa fare altro.

Dico però che non sarà lui il principe capace di svegliere l’Italia, bella e addormentata. I nostri giovani hanno bisogno di sognare, non di diventare politicanti. La nostra gente deve tornare a partecipare, non delegare al governo o disertare le urne. Il primo maggio torni «il giorno del risveglio alla luce e alla conoscenza, in un’alleanza fraterna per combattere ogni oppressione, ogni arbitrio, ogni sfruttamento».

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