Renzi cavernicolo, per Giannelli. Renzi suicida per Ignazi su Repubblica. Renzi battuto per 13 punti nel ballottaggio, secondo Pagnoncelli. L'autunno del premier è iniziato? La rassegna stampa del direttore di Left

L’uomo del doppio incarico. Ovvero un cavernicolo armato da due bastoni, uno da segretario l’altro da premier. Così Giannelli disegna l’autunno di Matteo Renzi. Nando Pagnoncelli presenta l’ultimo sondaggio: Pd 43,5%, Movimento 5 Stelle 56,5. Ecco come andrebbe se si votasse oggi per il ballottaggio previsto dall’Italicum. “I 13 punti in più dei 5 Stelle sul Pd al secondo turno”, è il titolo del suo pezzo per il Corriere della Sera. Che è successo? Che il movimento fondato da Beppe Grillo è diventato -ha saputo diventare- lo strumento condiviso per mandare a casa Renzi, bocciare la sua politica, punire la sua arroganza. Come elettori già di sinistra e già di destra hanno votato Appendino e Raggi a Torino e a Roma, così voterebbero Di Maio, pur di liberarsi di una promessa non mantenuta, da un “comico” -dice Paolo Rossi al Fatto- che sta sempre in tv e ruba il mestiere ai comici. C’è qualcosa di spietato in questo voltafaccia dei giornali: il politico invocato, corteggiato e adulato, ora viene lasciato senza un saluto, in attesa che si spengano le luci della ribalta.

L’Italicum va buttato alle ortiche, scrive Piero Ignazi su Repubblica. “È nato male e non si può ritoccare. Come sarebbe stato molto meglio abolire il Senato piuttosto che trasformarlo in un dopolavoro dei consiglieri regionali ”. Però Renzi lo difende (l’Italicum) “nella convinzione che il risultato più importante delle elezioni sia quello di «sapere chi ha vinto» la sera stessa. Non si sa dove venga questa ansia da prestazione: nessun sistema elettorale si pone questo obiettivo, nemmeno quello inglese”. I parlamenti hanno infatti bisogno di “accordi-compromessi” , spiega il politologo, “evidentemente in Italia l’orrore per il dialogo ha prevalso”. Alimentando “la rivolta contro chi governa, trasformata subito in élite o in casta. Se non si comprende quanto sia importante la fuga dalle urne e la rabbia degli esclusi, allora si lascia andare alla deriva il sistema. Il populismo ha ancora una valenza soft nei 5Stelle: può deflagrare in posizioni lepeniste nell’arco di poco tempo”.

Se Renzi perde il referendum, riforme condivise. “Attenzione -dice alla Stampa Massimo D’Alema – in questa fase l’opinione pubblica, se si sente ricattata da una campagna palesemente menzognera, si irrita. Se vincerà il No e Renzi insisterà nel volersi dimettere, dopo di lui non ci sarà il diluvio, semmai il buonsenso». D’Alema prevede che si faranno riforme “condivise”. Tre semplici articoli: “Primo: è ridotto il numero complessivo dei parlamentari. Duecento deputati e cento senatori in meno”. “Articolo secondo: il rapporto fiduciario del governo è solo con la Camera dei deputati. Dunque, fine del bicameralismo perfetto. Articolo terzo: nel caso in cui il Senato o la Camera apportino delle modifiche ad un testo di legge, tali modifiche vengono esaminate entro un tempo limitato da una apposita commissione, costituita dai parlamentari dei due rami. Se l’intesa non c’è, passa il testo prevalente, che viene sottoposto al voto delle due Camere, con sbarramento a ulteriori emendamenti Fine della navetta, del bicameralismo perfetto e delle perdite di tempo. Un meccanismo di questo tipo esiste in altri Parlamenti: per esempio in quello americano”. D’Alema non ha torto. Una riforma avrebbe i voti della destra, della sinistra e dei 5 Stelle.

Forse lo abbiamo sopravvalutato. Parlavo ieri al telefono con un amico, uno che i giornali attribuiscono come me al popolo dei Gufi, nemici notturni del premier riformatore. All’inizio abbiamo creduto in lui, nelle sue capacità politiche, nella legittimità del suo successo dopo tanti errori e troppi ritardi della vecchia dirigenza. Per questo lo abbiamo criticato, per provare ad avviare un dialogo che lui non ha mai accettato. Ora tutti gli altri, quelli che trovavano pretestuosa la mia critica all’Italicum, o senza speranza l’allarme che avevamo lanciato sul progetto di riforma costituzionale, cancellano con un tratto di gomma quel loro sostegno al giovane leader: nullo e mai avvenuto. Quel mio amico e io concediamo a Renzi almeno delle circostanze attenuanti: il mondo è cambiato più in fretta di quanto tutti non potessimo immaginare e altri leader socialisti e della Terza Via -Hollande e Valls, per esempio, che imporranno di nuovo all’Assemblée Nationale con la super fiducia (il ricorso all’articolo 49-3 della Costituzione) il jobs act alla francese, provocando così una mozione di censura da sinistra, oltre a quella della destra- sono riusciti persino a far peggio. Un altro amico Walter Tocci, ancora iscritto al partito di cui renzi è il segretario ,avrebbe detto in direzione di lunedì: “Voterò No al referendum per aprire la strada a una riforma più saggia e più condivisa”. Ma Renzi ha parlato per un ora e mezza, quelche guitto di corte ha voluto il suo tempo, magari per definire il sindaco di Roma “una bambolina..(pausa)..imbambolata”. Così per l’intervento di Walter non c’è stato tempo. Lo trovate qui http://waltertocci.blogspot.it/2016…. Su Left in edicola, Barca, Cardini, De Magistris, Fassina, Florio, La Malfa, Moruno, Revelli, Saraceno, Tipras aprono il dibattito sul che fare. Nel prossimo numero, Prospero sulle elites, Galli sullo scontro sistema -anti sistema, Fornaro sull’astensionismo. Costruiamo un altro mondo. Almeno proviamo.