La fecondazione eterologa non può essere a carico dei pazienti. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato in risposta all’appello della Regione Lombardia, che è stato così respinto. La decisione del Consiglio di Stato conferma quella del Tar. Viene in questo modo bloccato il tentativo della Regione Lombardia di stabilire un diverso trattamento fra chi necessita di un intervento medico con la fecondazione omologa e chi deve invece ricorrere a quella eterologa, ovvero con gameti che non appartengono alla coppia di futuri genitori. Tentativo discriminatorio che lede il diritto alla salute (art.32) e viola il principio di eguaglianza sostanziale (art. 3) rileva il Consiglio di Stato. E, aggiungiamo noi, che nasconde un pensiero “razzista”, come se la genitorialità fosse una faccenda di trasmissione del patrimonio genetico e non di affetti. Per lunghi anni le coppie italiane infertili o portatrici di malattie genetiche sono state costrette ad andare all’estero per sottoporsi a tecniche di fecondazione assistita eterologa, che fu vietata in Italia dalla legge 40 del 2004. Un divieto che è stato nel 2014 giudicato incostituzionale dalla Consulta, senza per questo creare un vuoto normativo. E ora pareva fuori da ogni legittimità la crociata della Regione Lombardia, con due delibere una varata il 12 settembre 2014 che ha stabilito che la procreazione medica assistita eterologa fosse a carico degli assistiti e una del 7 novembre 2014 che ha fissato le tariffe a carico degli utenti, comprese tra i 1.500 e i 4mila euro. Tentativo che si scontrava anche con i nuovi Lea varati dal ministero che includono anche l’eterologa.
Dopo la sentenza della Corte costituzionale, Regioni come la Toscana e l’Emilia Romagna si erano già attrezzate per offrire ai pazienti questi servizio pagando solo un ticket, che tuttavia nelle strutture pubbliche italiane non è ancora ovunque accessibile. Lo forniscono strutture private, ma i costi sono elevati. Sono i danni prodotti da dieci anni di legge 40, che ha determinato una forte arretratezza dell’Italia dal punto di vista delle strutture mediche in questo settore. Tanto che solo due giorni fa, a 12 anni dall’entrata in vigore della legge 40, è stata eseguita in un ospedale pubblico italiano una diagnosi genetica pre-impianto di embrioni. È accaduto nell’ospedale di Cortona in provincia di Arezzo. Il futuro padre è affetto da aniridia congenita, una malattia rara che impedisce la formazione completa dell’iride e che colpisce la vista. È stata fatta una biopsia su tre embrioni per verificare la presenza di patologie ereditarie o cromosomiche prima dell’impianto in utero. «Il centro di procreazione medicalmente assistita dell’Ospedale di Cortona è così la prima struttura pubblica in Italia ad adottare ed eseguire la diagnosi genetica pre-impianto, una vera e propria amniocentesi anticipata, non eseguita sul feto, ma ancor prima sull’embrione, senza che produca alcun danno» si legge in una nota della Regione Toscana.
Il commento dell’avvocato Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni: « La decisione del Consiglio di Stato sulla Lombardia è certamente di una vittoria per i cittadini, ma è una sconfitta, l’ennesima, della politica che ancora una volta ha rinunciato al proprio ruolo di garante degli interessi di tutti i cittadini, lasciando ai tribunali il compito tutelare i diritti delle persone e affermare lo Stato di diritto. Per questo speriamo che il presidente Maroni impari la lezione e rinunci al ricorso già depositato al consiglio di Stato contro il risarcimento a Beppino Englaro disposto dal Tar.I giudici oggi hanno confermato che il proibizionismo calpesta i diritti e le libertà, in questo senso è importante anche il parere favorevole del Consiglio di Stato al decreto sui registri per le Unioni Civili, e il richiamo al Governo a rispettare le scadenze per i decreti attuativi, rendendo immediatamente operativa la norma».