Dopo le vignette pubblicate da Charlie Hebdo sul terremoto che il 24 agosto scorso ha colpito il centro Italia e raso completamente al suolo la città di Amatrice è scoppiata la polemica: da un lato chi le giudica offensive e volgari, dall'altra chi risponde “ma come, non eravate tutti Charlie?”. Ora è il sindaco del paese distrutto a prendere posizione nella querelle che ha animato e anima, fin dalla scorsa settimana, testate giornalistiche e chiacchiere da bar. «La satira è una cosa e l'insulto a una comunità un'altra. Le vignette di Charlie Hebdo sono un insulto a una comunità e a un intero popolo» ha dichiarato a Repubblica il sindaco Sergio Pirozzi. Sull'onda delle dichiarazioni del primo cittadino il Comune di Amatrice ha quindi depositato, presso la procura del tribunale di Rieti, una denuncia-querela per diffamazione aggravata contro la testata francese. duevignette «La satira è una cosa e l'insulto a una comunità è un'altra». Ma ne siamo proprio sicuri? Siamo proprio sicuri che il diritto di offendere a cui si appella Charlie Hebdo non sia parte invece delle caratteristiche letterarie e storiche che contraddistinguono la satira? E non è che ci siamo dimenticati a cosa serve la satira tanto da confonderla con la diffamazione? Il magazine Hara-Kiri, antenato di Charlie, fondato (come Charlie) da François Cavanna e animato (sempre come Charlie) da Wolinski, e Cabu (fumettisti tra l'altro morti nell'attentato jihadista del 7 gennaio 2015 che colpì la redazione), al momento del lancio venne definito proprio da Cavanna «bête et méchant» (stupido e cattivo). Lo stile di Charlie Hebdo oggi non è cambiato e anzi può essere spesso ricondotto alla tradizione di quello che viene definito "umorismo nero". Per farsi un'opinione sulla querelle terremoto e vignette è interessante leggere la definizione di humour noir, per dirlo con l'esatta espressione coniata dal surrealista André Breton nel 1935.
«un sottogenere di satira e di comicità che tratta di eventi o argomenti generalmente considerati molto seri o addirittura tabù, come la guerra, la morte, la violenza, la religione, la malattia (e quindi la disabilità), la sessualità, la diversità culturale, l'omicidio e così via».
La definizione quindi già ci dà una prima risposta: la satira, in particolare questa satira, si contraddistingue anche per il suo dissacrante sarcasmo nei confronti di temi come la morte. Terremoto incluso. Possiamo indignarci, possiamo non essere d'accordo possiamo trovarlo di cattivo gusto e presentare una querela, ma Charlie è così. Stupido e cattivo, ci avevano avvisato. Se si scava poi fra i saggi accademici ci si ricorda anche che il riso è definito da molti studiosi come "un atto aggressivo" e per alcuni antropologi "la fenomenologia della risata sarebbe un'evoluzione umana del digrignare i denti degli animali". Aggressione. Nella satira c'è anche questo, certo in una forma socialmente tollerabile ma c'è. Si tratta di un'etica alla rovescia, la satira si occupa da sempre dei temi rilevanti discussi nella sfera pubblica, aggredisce le ipocrisie, dissemina piccole crude verità, deride i perbenismi e le rigidità sociali. Esercitare il “diritto ad offendere” diventa così una spinta al cambiamento, alla rottura dello status quo. La vignetta di Charlie Hebdo sui terremotati, è sicuramente “indigesta”, ma tenta di fare proprio questo: mostrare nuovi punti di vista e sottolineare le ipocrisie sociali che frenano il cambiamento. Ipocrisie che in un Paese come il nostro si possono identificare facilmente in quella tendenza (tutta italiana) per la quale si preferisce alzare gli occhi al cielo chiedendosi perché un'intera città è crollata e un terremoto ha causato 294 morti, piuttosto che cercare dei responsabili sulla terra. E allora, ha ragione il sindaco di Amatrice certo... Charlie Hebdo è stato di cattivo gusto, ma è davvero sensato querelare la testata francese? Sono loro i colpevoli, davvero sono loro ad aver insultato un popolo? O la colpa (e l'insulto quello vero, sanguinoso) è di qualcun altro che, a differenza dei fumettisti di Charlie, non ha fatto bene il suo lavoro per mettere in atto, prima della tragedia, misure antisismiche adeguate?

Aggiornamento

Alla denuncia del comune di Amatrice infatti dai microfoni di radio France Inter Riss, attuale direttore di Charlie Hebdo, ha risposto così: «Ci sono state tante dichiarazioni, la denuncia aspettiamo di vederla, vediamo di che si tratta. Ma non ci fa nessuna paura, di vignette come questa ne abbiamo fatte a decine, è una come un'altra, di umorismo nero. […] Abbiamo fatto in passato vignette simili su Bruxelles, sul terremoto ad Haiti e nessuno ha protestato, nessun italiano ha protestato. La morte è un tabù che qualche volta bisogna provare a trasgredire».

Dopo le vignette pubblicate da Charlie Hebdo sul terremoto che il 24 agosto scorso ha colpito il centro Italia e raso completamente al suolo la città di Amatrice è scoppiata la polemica: da un lato chi le giudica offensive e volgari, dall’altra chi risponde “ma come, non eravate tutti Charlie?”. Ora è il sindaco del paese distrutto a prendere posizione nella querelle che ha animato e anima, fin dalla scorsa settimana, testate giornalistiche e chiacchiere da bar. «La satira è una cosa e l’insulto a una comunità un’altra. Le vignette di Charlie Hebdo sono un insulto a una comunità e a un intero popolo» ha dichiarato a Repubblica il sindaco Sergio Pirozzi. Sull’onda delle dichiarazioni del primo cittadino il Comune di Amatrice ha quindi depositato, presso la procura del tribunale di Rieti, una denuncia-querela per diffamazione aggravata contro la testata francese.

duevignette

«La satira è una cosa e l’insulto a una comunità è un’altra». Ma ne siamo proprio sicuri? Siamo proprio sicuri che il diritto di offendere a cui si appella Charlie Hebdo non sia parte invece delle caratteristiche letterarie e storiche che contraddistinguono la satira? E non è che ci siamo dimenticati a cosa serve la satira tanto da confonderla con la diffamazione?
Il magazine Hara-Kiri, antenato di Charlie, fondato (come Charlie) da François Cavanna e animato (sempre come Charlie) da Wolinski, e Cabu (fumettisti tra l’altro morti nell’attentato jihadista del 7 gennaio 2015 che colpì la redazione), al momento del lancio venne definito proprio da Cavanna «bête et méchant» (stupido e cattivo). Lo stile di Charlie Hebdo oggi non è cambiato e anzi può essere spesso ricondotto alla tradizione di quello che viene definito “umorismo nero”.
Per farsi un’opinione sulla querelle terremoto e vignette è interessante leggere la definizione di humour noir, per dirlo con l’esatta espressione coniata dal surrealista André Breton nel 1935.

«un sottogenere di satira e di comicità che tratta di eventi o argomenti generalmente considerati molto seri o addirittura tabù, come la guerra, la morte, la violenza, la religione, la malattia (e quindi la disabilità), la sessualità, la diversità culturale, l’omicidio e così via».

La definizione quindi già ci dà una prima risposta: la satira, in particolare questa satira, si contraddistingue anche per il suo dissacrante sarcasmo nei confronti di temi come la morte. Terremoto incluso.
Possiamo indignarci, possiamo non essere d’accordo possiamo trovarlo di cattivo gusto e presentare una querela, ma Charlie è così. Stupido e cattivo, ci avevano avvisato.
Se si scava poi fra i saggi accademici ci si ricorda anche che il riso è definito da molti studiosi come “un atto aggressivo” e per alcuni antropologi “la fenomenologia della risata sarebbe un’evoluzione umana del digrignare i denti degli animali”. Aggressione. Nella satira c’è anche questo, certo in una forma socialmente tollerabile ma c’è. Si tratta di un’etica alla rovescia, la satira si occupa da sempre dei temi rilevanti discussi nella sfera pubblica, aggredisce le ipocrisie, dissemina piccole crude verità, deride i perbenismi e le rigidità sociali. Esercitare il “diritto ad offendere” diventa così una spinta al cambiamento, alla rottura dello status quo.
La vignetta di Charlie Hebdo sui terremotati, è sicuramente “indigesta”, ma tenta di fare proprio questo: mostrare nuovi punti di vista e sottolineare le ipocrisie sociali che frenano il cambiamento. Ipocrisie che in un Paese come il nostro si possono identificare facilmente in quella tendenza (tutta italiana) per la quale si preferisce alzare gli occhi al cielo chiedendosi perché un’intera città è crollata e un terremoto ha causato 294 morti, piuttosto che cercare dei responsabili sulla terra. E allora, ha ragione il sindaco di Amatrice certo… Charlie Hebdo è stato di cattivo gusto, ma è davvero sensato querelare la testata francese? Sono loro i colpevoli, davvero sono loro ad aver insultato un popolo? O la colpa (e l’insulto quello vero, sanguinoso) è di qualcun altro che, a differenza dei fumettisti di Charlie, non ha fatto bene il suo lavoro per mettere in atto, prima della tragedia, misure antisismiche adeguate?

Aggiornamento

Alla denuncia del comune di Amatrice infatti dai microfoni di radio France Inter Riss, attuale direttore di Charlie Hebdo, ha risposto così:

«Ci sono state tante dichiarazioni, la denuncia aspettiamo di vederla, vediamo di che si tratta. Ma non ci fa nessuna paura, di vignette come questa ne abbiamo fatte a decine, è una come un’altra, di umorismo nero. […] Abbiamo fatto in passato vignette simili su Bruxelles, sul terremoto ad Haiti e nessuno ha protestato, nessun italiano ha protestato. La morte è un tabù che qualche volta bisogna provare a trasgredire».