Nella casa circondariale di Paola, in Calabria, due casi di suicidio finiscono in Parlamento. E nelle inchieste della Procura. Youssef e Maurilio erano in “cella liscia”, in isolamento, prima di morire. I familiari chiedono verità

Youssef Mouhcine aveva 31 anni ed era nato a Casablanca. Maurilio Pio Morabito aveva 46 anni ed era nato a Reggio Calabria. Entrambi scontavano gli ultimi giorni della loro pena nella casa circondariale di Paola, a Cosenza. Entrambi sono morti pochi giorni prima della loro scarcerazione. Suicidi. Con il gas, nella notte tra il 23 e il 24 ottobre, Youssef; impiccato alla grata della finestra, nella notte tra il 28 e il 29 aprile, Maurilio. Entrambi scontavano questi ultimi giorni di pena in isolamento, all’interno di una “cella liscia”: vuota, niente brande né sanitari, i detenuti fanno i bisogni sul pavimento, senza mobili né maniglie. Una forma di contenimento al limite della tortura, utilizzata per sedare i detenuti in escandescenza, quelli che compiono reiterati atti di autolesionismo o tentativi di suicidio. Un detenuto viene rinchiuso lì per punizione, a volte per alcune ore, altre per giorni. Un rimedio che però spesso risulta ancora più deleterio, non è la prima volta che si registrano casi di suicidio all’interno di queste celle. Ora le famiglie di entrambi chiedono di conoscere cosa è accaduto ai loro figli.

Su Left in edicola il 3 dicembre abbiamo ricostruito le vicende grazie alle interrogazioni parlamentari e abbiamo fatto il punto sulle “celle lisce” con il Garante nazionale Mauro Palma.

L’articolo integrale su Left in edicola dal 3 dicembre

 

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