Il muro di gomma messo in piedi da Eni e Shell per rigettare tutte le accuse di corruzione sul caso OPL 245 in Nigeria sembra finalmente iniziare a incrinarsi. E a sorpresa è la stessa compagnia anglo-olandese a fare delle prime, clamorose ammissioni. «Nel corso del tempo abbiamo capito che Dan Etete era coinvolto nella Malabu e che l'unico modo per risolvere l'impasse negoziale consistesse nel raggiungere un accordo con Etete e la Malabu, che ci piacesse o no...poi il governo federale della Nigeria avrebbe indennizzato la Malabu per risolvere le sue pretese sul blocco petrolifero». Questo è questo quanto riferito da un portavoce dell'azienda al New York Times. Ieri della questione avevano parlato Buzzfeed e Sole24Ore. Insomma, per aggiudicarsi il mega-giacimento OPL 245 al largo della costa del Delta del Niger (9,3 miliardi di barili stimati) quanto meno la Shell era perfettamente a conoscenza del fatto che il blocco petrolifero era della società (Malabu) il cui proprietario occulto era l'ex ministro del petrolio del governo del dittatore Sani Abacha (Etete), il quale era universalmente conosciuto come “personaggio controverso”, nonché condannato in Francia per riciclaggio di denaro sporco. Fino a ieri questa scomoda verità era stata sempre negata, così come non si era mai ammesso che i soldi sarebbero solo transitati da un conto del governo nigeriano a Londra per poi entrare nella disponibilità della Malabu. Da lì il miliardo e 100 milioni pagato per OPL 245 si sarebbe poi diviso in mille rivoli diretti verso politici nigeriani, faccendieri e, ipotizza la Procura di Milano, anche manager dell'EniLeft aveva ricostruito questa la vicenda qui. Il cambio di linea della Shell è stata sicuramente condizionata dai numerosi articoli apparsi sulla stampa internazionale e dal rapporto di Global Witness e Finance Uncovered in cui si riportano intercettazioni ed email confidenziali tra i vertici dell'azienda che di fatto “anticipano” l'ammissione fatta nelle ultime ore. Secondo quanto raccontato nell'ultima puntata Report, anche l'Eni era a conoscenza delle scomode verità riconosciute dalla Shell. A corroborare la sua tesi, anche la trasmissione di Rai 3 cita email confidenziali di alti dirigenti della multinazionale italiana. Giovedì 13 aprile l'Eni terrà la sua assemblea degli azionisti, che certificherà la riconferma dell'amministratore delegato Claudio Descalzi ai vertici della principale partecipata di Stato (30% della società è ancora in mai pubbliche). Descalzi è una delle 11 persone fisiche, oltre a Eni e Shell, a essere oggetto di una richiesta di rinvio a giudizio da parte dei pm milanesi Fabio De Pasquale e Serio Spadaro. Esattamente una settimana dopo l'assemblea, si terrà l'udienza preliminare che dovrà stabilire se per la vicenda OPL 245, sulla carta uno dei più grandi casi di corruzione della storia, ci sarò bisogno di un processo, che si annuncia lungo e complesso. Ma, alla luce, delle prime ammissioni fatte dalla Shell, non sono escluse sorprese.

Il muro di gomma messo in piedi da Eni e Shell per rigettare tutte le accuse di corruzione sul caso OPL 245 in Nigeria sembra finalmente iniziare a incrinarsi. E a sorpresa è la stessa compagnia anglo-olandese a fare delle prime, clamorose ammissioni.

«Nel corso del tempo abbiamo capito che Dan Etete era coinvolto nella Malabu e che l’unico modo per risolvere l’impasse negoziale consistesse nel raggiungere un accordo con Etete e la Malabu, che ci piacesse o no…poi il governo federale della Nigeria avrebbe indennizzato la Malabu per risolvere le sue pretese sul blocco petrolifero». Questo è questo quanto riferito da un portavoce dell’azienda al New York Times. Ieri della questione avevano parlato Buzzfeed e Sole24Ore.
Insomma, per aggiudicarsi il mega-giacimento OPL 245 al largo della costa del Delta del Niger (9,3 miliardi di barili stimati) quanto meno la Shell era perfettamente a conoscenza del fatto che il blocco petrolifero era della società (Malabu) il cui proprietario occulto era l’ex ministro del petrolio del governo del dittatore Sani Abacha (Etete), il quale era universalmente conosciuto come “personaggio controverso”, nonché condannato in Francia per riciclaggio di denaro sporco. Fino a ieri questa scomoda verità era stata sempre negata, così come non si era mai ammesso che i soldi sarebbero solo transitati da un conto del governo nigeriano a Londra per poi entrare nella disponibilità della Malabu. Da lì il miliardo e 100 milioni pagato per OPL 245 si sarebbe poi diviso in mille rivoli diretti verso politici nigeriani, faccendieri e, ipotizza la Procura di Milano, anche manager dell’EniLeft aveva ricostruito questa la vicenda qui.
Il cambio di linea della Shell è stata sicuramente condizionata dai numerosi articoli apparsi sulla stampa internazionale e dal rapporto di Global Witness e Finance Uncovered in cui si riportano intercettazioni ed email confidenziali tra i vertici dell’azienda che di fatto “anticipano” l’ammissione fatta nelle ultime ore.

Secondo quanto raccontato nell’ultima puntata Report, anche l’Eni era a conoscenza delle scomode verità riconosciute dalla Shell. A corroborare la sua tesi, anche la trasmissione di Rai 3 cita email confidenziali di alti dirigenti della multinazionale italiana.
Giovedì 13 aprile l’Eni terrà la sua assemblea degli azionisti, che certificherà la riconferma dell’amministratore delegato Claudio Descalzi ai vertici della principale partecipata di Stato (30% della società è ancora in mai pubbliche). Descalzi è una delle 11 persone fisiche, oltre a Eni e Shell, a essere oggetto di una richiesta di rinvio a giudizio da parte dei pm milanesi Fabio De Pasquale e Serio Spadaro. Esattamente una settimana dopo l’assemblea, si terrà l’udienza preliminare che dovrà stabilire se per la vicenda OPL 245, sulla carta uno dei più grandi casi di corruzione della storia, ci sarò bisogno di un processo, che si annuncia lungo e complesso. Ma, alla luce, delle prime ammissioni fatte dalla Shell, non sono escluse sorprese.