«Loro continuano a dire che è una forma di volontariato, ma il volontariato è altro, noi svolgevamo lavori a tutti gli effetti, in modo continuativo da anni e anni, per quanto mi riguarda sei. Noi siamo stati sfruttati». A parlare a Left è Laura Leoni, una degli “scontrinisti”: ventidue ex-lavoratori della Biblioteca nazionale di Roma - la più grande del Paese - privi di alcun diritto. Con Nidil Cgil e Fp Cgil, sono stati ricevuti al ministero per i Beni culturali dopo un sit-in, al quale era presente anche una delegazione di Link coordinamento universitario.
Si definiscono «molto più di semplici precari». Niente ferie, malattie, congedi e contributi previdenziali retribuiti. Solo tanti scontrini, da raccogliere anche per terra, per poterli consegnare alla associazione Avaca e ottenere così un rimborso spese, un assegno di 400 euro mensili. E poi, all’improvviso, con un sms di Gaetano Rastelli - sindacalista e responsabile dell’associazione convenzionata col ministero dei Beni culturali - gli è stato annunciato il licenziamento. Una circolare della direzione biblioteche del Mibact del 20 aprile, infatti, avvertiva che tali forme di volontariato sarebbero state eliminate. Oltre al volontariato, però, si è deciso di eliminare pure i volontari. A rimpiazzarli, dal 30 giugno, i partecipanti al Servizio civile nazionale.
Ma gli scontrinisti, che operavano in ruoli cardine all’interno della biblioteca - magazzino, prestiti e controllo degli accessi - non si sono arresi, e sono riusciti oggi a parlare con un funzionario del ministero. «Un incontro non molto risolutivo - commentano - ma abbiamo ottenuto di essere auditi come lavoratori, di poterci spiegare. Non sapremo se le promesse verranno mantenute», ma «in ogni caso non ci fermeremo finchè non avremo risposte concrete». Il primo presidio davanti ai cancelli della biblioteca in viale di Castro Pretorio, subito appoggiato da Cgil funzione pubblica e Usb, che risale al 25 Maggio, non aveva portato a nulla, se non a un po’ di meritata visibilità, non da tutti compresa fino in fondo.
«C’è anche chi ci ha accusato di voler bypassare le normali procedure di assunzione con le nostre rivendicazioni» ma la verità per Laura è una altra. «Siamo consapevoli che non è che da un giorno all’altro potremmo avere un contratto coi beni culturali, ma da quello a non avere nulla c’è differenza».
Presente anche Claudio Meloni (Fp Cgil Mibact): «Ventidue lavoratori sono stati licenziati dal ministero quando hanno avuto il coraggio di fare una denuncia pubblica sulle condizioni di sfruttamento cui erano sottoposte», «siamo qui oggi per chiedere una soluzione. Noi chiediamo una assunzione di responsabilità politica al ministro, che ci deve dare delle risposte, in quanto lui ha la responsabilità della gestione dei rapporti di lavoro all’interno del ministero».
Col blocco delle assunzioni nel settore, alla grande necessità di forza lavoro si è deciso di rispondere con queste forme di precariato estremo, malcelati escamotage per coprire i buchi di una carenza di organico cronica. «L’associazione Avaca è attiva anche in altri enti - ricorda Laura - non solo in Biblioteca nazionale. Non siamo gli unici in queste condizioni».
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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]«Loro continuano a dire che è una forma di volontariato, ma il volontariato è altro, noi svolgevamo lavori a tutti gli effetti, in modo continuativo da anni e anni, per quanto mi riguarda sei. Noi siamo stati sfruttati». A parlare a Left è Laura Leoni, una degli “scontrinisti”: ventidue ex-lavoratori della Biblioteca nazionale di Roma – la più grande del Paese – privi di alcun diritto. Con Nidil Cgil e Fp Cgil, sono stati ricevuti al ministero per i Beni culturali dopo un sit-in, al quale era presente anche una delegazione di Link coordinamento universitario.
Si definiscono «molto più di semplici precari». Niente ferie, malattie, congedi e contributi previdenziali retribuiti. Solo tanti scontrini, da raccogliere anche per terra, per poterli consegnare alla associazione Avaca e ottenere così un rimborso spese, un assegno di 400 euro mensili. E poi, all’improvviso, con un sms di Gaetano Rastelli – sindacalista e responsabile dell’associazione convenzionata col ministero dei Beni culturali – gli è stato annunciato il licenziamento. Una circolare della direzione biblioteche del Mibact del 20 aprile, infatti, avvertiva che tali forme di volontariato sarebbero state eliminate. Oltre al volontariato, però, si è deciso di eliminare pure i volontari. A rimpiazzarli, dal 30 giugno, i partecipanti al Servizio civile nazionale.
Ma gli scontrinisti, che operavano in ruoli cardine all’interno della biblioteca – magazzino, prestiti e controllo degli accessi – non si sono arresi, e sono riusciti oggi a parlare con un funzionario del ministero. «Un incontro non molto risolutivo – commentano – ma abbiamo ottenuto di essere auditi come lavoratori, di poterci spiegare. Non sapremo se le promesse verranno mantenute», ma «in ogni caso non ci fermeremo finchè non avremo risposte concrete». Il primo presidio davanti ai cancelli della biblioteca in viale di Castro Pretorio, subito appoggiato da Cgil funzione pubblica e Usb, che risale al 25 Maggio, non aveva portato a nulla, se non a un po’ di meritata visibilità, non da tutti compresa fino in fondo.
«C’è anche chi ci ha accusato di voler bypassare le normali procedure di assunzione con le nostre rivendicazioni» ma la verità per Laura è una altra. «Siamo consapevoli che non è che da un giorno all’altro potremmo avere un contratto coi beni culturali, ma da quello a non avere nulla c’è differenza».
Presente anche Claudio Meloni (Fp Cgil Mibact): «Ventidue lavoratori sono stati licenziati dal ministero quando hanno avuto il coraggio di fare una denuncia pubblica sulle condizioni di sfruttamento cui erano sottoposte», «siamo qui oggi per chiedere una soluzione. Noi chiediamo una assunzione di responsabilità politica al ministro, che ci deve dare delle risposte, in quanto lui ha la responsabilità della gestione dei rapporti di lavoro all’interno del ministero».
Col blocco delle assunzioni nel settore, alla grande necessità di forza lavoro si è deciso di rispondere con queste forme di precariato estremo, malcelati escamotage per coprire i buchi di una carenza di organico cronica. «L’associazione Avaca è attiva anche in altri enti – ricorda Laura – non solo in Biblioteca nazionale. Non siamo gli unici in queste condizioni».