Il fallimento del Jobs act: l’Istat fotografa un Paese in cui crescono solo i contratti a termine e per brevi periodi. Il taglio dei salari poi impedisce i consumi interni e l’esportazione va a rilento. Anche perché l’industria è fragile e manca l’innovazione

I dati aggiornati sull’andamento del mercato del lavoro disegnano un Paese profondamente impoverito, in cui l’occupazione assume sempre più carattere di temporaneità e la dinamica salariale continua ad essere negativa. La retorica della stabilizzazione dei rapporti di lavoro, evocata a più riprese dall’ex premier Matteo Renzi, si scontra con una realtà in cui il lavoro standard a tempo indeterminato decresce al diminuire degli sgravi contributivi, mentre i contratti di lavoro a termine dettano il trend complessivo dell’occupazione.
Il fallimento del Jobs act è quindi, ancora una volta, nei numeri. Le ultime rilevazioni Istat sul mercato del lavoro, in cui si registra nell’anno l’aumento della componente di occupati a termine sul totale dei nuovi occupati (+199mila contro i 114mila permanenti) concentrati nella fascia di età degli over 50, consentono, inoltre, di fare alcune valutazioni sulle relazioni che legano la struttura dell’occupazione del nostro Paese con l’assetto produttivo ed il ciclo economico. In particolare, la crescita dei contratti di lavoro in somministrazione ricopre una funzione paradigmatica nel delineare i mutamenti che stanno interessando la struttura profonda dell’economia nazionale e le implicazioni sulla….

 

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