Che la città di Roma viva una profonda crisi del settore culturale è una realtà oggettiva; che questa crisi sia determinata da molteplici fattori (economici, politici, progettuali etc.), retaggio di una storia passata oltre che situazione attuale, è un discorso noto; che nel cono d’ombra della crisi finiscano per precipitare le attività culturali meno protette, spesso le più vitali, certamente quelle maggiormente legate alla vita del territorio e della comunità civile, è un triste monito. Ecco perché, quando si tratta di associazioni culturali, come Blue Desk, scatta l’esigenza di intervenire.
Nata nel 2008, Blue Desk opera nella capitale dal 2013, nel quartiere Appio latino-Tuscolano, tra due importanti strade di percorrenza (Appia e Tuscolana): traffico inarrestabile, parcheggio introvabile, metropolitana, molti esercizi commerciali, altissima densità di popolazione, rari gli eventi e le iniziative culturali. Il locale, poco meno 50 metri quadri, è stato ristrutturato da Simone Amendola e Floriana Pinto, nel senso che hanno comprato pittura, pennelli, secchi e doghe di legno e, sebbene facessero l’uno il regista e l’altra l’operatore culturale, l’hanno rimesso a posto nel giro di tre mesi, lavorando il giorno, ma soprattutto la sera e la notte, per non sottrarre tempo agli impegni prefissati. Gli hanno dato una mano gli amici, è vero, nessuno di loro era muratore, parquettista, pittore-competenze importanti, di cui erano sprovvisti – ma erano tutti animati da un intento comune ovvero partecipare alla creazione di un laboratorio di idee e di confronto tra diversi linguaggi espressivi. Un luogo di incontro, in cui convergessero e da cui ripartissero energie, immaginazione, discorsi, bellezza nell’improvvisazione e organizzazione del tempo libero. Da allora, Blue Desk ha messo su appuntamenti con il miglior cinema di finzione e il vivace mondo del documentari, il teatro, la fotografia, la musica – tantissima, travolgente, etnica soprattutto – ma si è dedicata anche a progetti nelle scuole, temi sociali, grandi eventi gratuiti. Con la Casa del Cinema e il contributo della Regione Lazio ha realizzato retrospettive su alcuni importanti cineasti del presente, tra cui Ken Loach e Philip Groening. In solitaria ha investito su documentari, progetti editoriali, spettacoli teatrali. Spesso ha fatto da battistrada nel proporre temi caldi o progetti scomodi, come il documentario sulle Pussy Riot, l’anarchica band femminile, che ha pagato con la prigione la rivolta a Putin. In dieci anni il suo pubblico è aumentato ed è diventato sempre più eterogeneo, interessato, disponibile all’avventura di un intrattenimento non convenzionale ed a proposte artistiche inusuali. Accanto ad amanti del cinema, professionisti, studenti, amici e conoscenti si sono seduti curiosi, adolescenti, famiglie, post-punk, orfani di Rifondazione e non solo, tanti stranieri, artisti, pensionati, annoiati del vicino centro commerciale o anche della Tv. Ci sono stati fine settimana gremiti…
Questo luogo ora rischia di chiudere, e non importa quale sia il contraddittorio in corso, quanto entusiasmo da sempre abbia permeato questa esperienza, se i risultati siano eccellenti e anche questo sia un modo intelligente di fare impresa, la burocrazia ha un linguaggio incomprensibile ai più e non serve entrare nel merito. Resta il problema che nel 2018 Blune Desk forse non ci sarà più, versare la somma di 15 mila euro è la condizione necessaria per mantenerlo in vita, ottenere un contratto di affitto, non perdere quello che, con dedizione e costanza, Simone e Floriana hanno costruito in questi anni. È stato chiesto loro di resistere allo scoramento, non lasciarsi spaventare da una cifra fuori dalle loro contingenti opportunità e “provarci” ancora: glielo hanno chiesto amici, spettatori, iscritti all’associazione, gente del quartiere, esercizi delle vie circostanti. E’ nata così l’idea di lanciare un crowdfunding con “Produzioni dal basso” per ottenere risorse economiche e sponsorizzazioni da chiunque desideri partecipare al progetto e contemporaneamente lasciar agire sui social una campagna di visibilità #mydeskisblue per difendere il lavoro di 10 anni. Hanno immediatamente aderito: Ken Loach, Philip Groening, Pussy Riot, i registi Massimiliano Bruno e Silvano Agosti, l’Orchestra di Piazza Vittorio, il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury, la sceneggiatrice Doriana Leondeff, la montatrice Francesca Calvelli, il fonico di presa diretta Maricetta Lombardo, l’attrice Elda Alvigini e aderiranno ancora in tanti. La redazione di Left e il direttore Simona Maggiorelli sono con loro.
Link alla campagna di crowdfunding
Contribuisci con quello che vuoi al crowdfunding e segui Blue Desk sui social. Scattati una foto con la scritta #MYDESKISBLUE , pubblicala sulle tue bacheche insieme al link di produzionidalbasso e poi inviala anche a [email protected]. Sarà inserita sulla wall del sito di Blue Desk.