L’avvocato Besostri nel suo ottimo e analitico commento all’assemblea del 3 dicembre convocata da Mdp, Si e Possibile evidenzia alcune chiare criticità nell’appello che la ha lanciata, auspicando che le si superino e considerando quella data comunque una tappa importante per la costruzione di una sinistra autorevole in Italia.
Io sono molto più pessimista di lui.
Nel senso che condivido le sue critiche ma non ritengo siano superabili né che ci sia la volontà di superarle. Il percorso, convocato in fretta e furia, con quella lettera approssimativa e superficiale, da Fratoianni, Civati e Speranza, da consumarsi nei due week end di fine novembre e inizio dicembre, è stato messo in campo, a mio parere e a parere di molti, più con l’ansia di togliere dalla scena il prima possibile i fastidiosi Anna Falcone e Tomaso Montanari – i quali, pensate un po’, pretendevano persino che si rinnovassero le liste – oltre che con il malcelato obiettivo di bloccare il percorso di costruzione dal basso del programma, che rischiava di produrre risultati imbarazzanti per gli azionisti di maggioranza Bersani e D’Alema, come il no alle grandi Opere tanto sponsorizzate da Enrico Rossi, la critica alle privatizzazioni dei servizi pubblici, e infine la sconfessione di tutte le politiche del governo Monti, dalla Riforma Fornero al pareggio di bilancio in Costituzione.
Una convocazione che contiene in se dunque un vulnus, di merito e di metodo, e che ha prodotto una lacerazione grave, dall’interruzione del percorso guidato da montanari e falcone, a dimissioni e autosospensioni diffuse, in particolare dentro sinistra italiana, ma qualcosa anche in Possibile di Civati.
Si può recuperare questa non banale ferita? No, non si può, all’interno di quel percorso. Un percorso sostanzialmente blindato, con assemblee dalla presidenza predefinita, costituita dalle dirigenze locali delle tre forze politiche, che ha proposto delegati da votare in blocco, spartiti dalle tre forze politiche stesse, ai quali si potevano sì, opporre, altri delegati da votare, bastava avere il fegato di andare a fare i guastafeste e gli ospiti indesiderati in casa d’altri: mi piacerebbe sapere infatti in quante delle 158 assemblee che si sono tenute non sono stati votati esattamente i delegati proposti inizialmente … sfiderei non più di dieci, per non dire zero.
Un percorso che prevedeva la preadesione ad un preambolo programmatico già scritto, positivo in alcuni aspetti, reticente su molti altri.
Può nascere, lo domando all’avvocato Besostri e a tutte le persone intellettualmente e politicamente oneste, qualcosa di più di una raffazzonata lista elettorale, da una fusione a freddo condotta a questa velocità, senza pathos e senza passione, tranne quella negativa degli abbandoni e delle rotture, senza aver affrontato nessun nodo serio tra quelli in campo? Ad esempio, questa nuova forza si riferirà ai socialisti europei, dove guarda l’azionista di maggioranza Mdp e credo anche possibile, e che adesso in Germania stanno di nuovo trattando le larghe intese con la Merkel, o alla sinistra europea dove Sinistra italiana è osservatrice insieme a Rifondazione e Altraeuropa, con le quali si è premurata di rompere in Italia?
È una forza che vuole ricostruire un nuovo centrosinistra, come dicono ogni giorno Bersani, D’Alema, Speranza, Enrico Rossi, e che il giorno dopo le elezioni riparlerà col Pd, come dicono sempre i quattro, o una forza che si farà carico di ricostruire l’identità e il radicamento di un pensiero di alternativa in questa società, ricostruendo una solida rappresentanza di classe e quindi i rapporti di forza reali prima di calarsi subito nel gioco delle tattiche, delle alleanze e del governo? Non mi sembrano domande banali, che non si possono affrontare così in fretta anche perché, se si affrontano, si sa già che le risposte saranno totalmente opposte, quindi meglio sorvolare. Altro che rinascita della sinistra in Italia.
Siamo di fronte ad una pessima operazione elettoralistica, di basso profilo, che punta tutto sulla leadership mediatica di Grasso, uomo bravissimo ma fino a ieri nel Pd di Renzi, il cui nome si troverà sul logo elettorale: logo che, si viene a sapere, viene deciso in queste ore nelle segrete stanze da pochi dirigenti, e che verosimilmente sarà lanciato e acclamato il 3. Per me la sinistra così muore, altro che rinascere.
Io il 3 Dicembre non ci sarò, mi spiace.
Mi considero persona flessibile, ma, condividendo le valutazioni di Anna Falcone e Tomaso Montanari, ritengo che tutto questo vada ben oltre il mio limite di accettabilità. Sarò invece alle assemblee locali convocate da coloro che hanno partecipato al percorso del Brancaccio, e che vogliono rivedersi per non mollare, e alla conseguente assemblea nazionale di gennaio, e seguirò questo interessante progetto di potere al popolo, lanciato dai ragazzi di Je so’ pazzo al teatro di Roma, dove sono andato rimanendo molto positivamente impressionato. Tutte cose ancora in parte ingenue e sicuramente insufficienti, ma belle e genuine, con persone vere che hanno ancora voglia di lottare e di mettersi in gioco.
Sarò lì con loro. Perché se rinasce qualcosa, è più facile che rinasca in questa maniera.