A settant’anni dalla pubblicazione del libro autobiografico, Ari Folman e David Polonsky raccontano in un graphic novel i sogni e i pensieri della quattordicenne ebrea. Una narrazione inedita per restituire un capolavoro e un pezzo di storia del Novecento

Ironica, brillante, impulsiva, nervosa e sarcastica. Si presenta così Anna Frank nel graphic novel Anne Frank – Diario di Ari Folman e David Polonsky (Einaudi): «Spesso sono stata depressa, ma non ho mai perso la speranza, considero questa clandestinità un’esperienza pericolosa, romantica e interessante». E infatti Anna in quei lunghi giorni diventa Giuditta I di Klimt quando si immagina elegante e cortese, una star di Hollywood quando sogna di diventare un’attrice famosa, L’urlo di Munch quando si interroga sul proprio futuro. Nell’alloggio segreto del 263 di Prinsengracht, nel quartiere di Jordaan ad Amsterdam, la giovane quattordicenne cresce velocemente e scrivendo al padre afferma: «Non puoi e non devi considerarmi una quattordicenne, tutte queste difficoltà mi hanno resa più grande».

Nei riquadri, gli autori riportano frasi del Diario; nelle vignette – con illustrazioni e a parole – fanno precipitare il lettore nella storia. Il combaciare di fabula e intreccio permette anche ai giovanissimi – per cui è nato questo libro – di correre da una pagina all’altra. A settant’anni dalla pubblicazione della prima edizione del Diario – sintesi delle due versioni di Anna e dei tagli postumi del padre Otto Frank – esce il graphic novel, il primo “fumetto” autorizzato dalla Anne Frank fonds, l’associazione che si occupa della conservazione della memoria della ragazza ebrea.

«Spero che ti potrò confidare…

L’articolo di Giorgio Saracino prosegue su Left in edicola


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