«Un confronto con la storia». Jacinda Ardern, premier di Wellington, ha definito così il lavoro che compirà la più grande commissione di inchiesta del suo Paese. Sull’isola sta per cominciare l’indagine sugli abusi commessi su minori e adulti sotto la tutela dello Stato della Nuova Zelanda. «Ogni abuso commesso su un bambino è una tragedia», ha detto l’ex dj, ora primo ministro della Nuova Zelanda, «ma che un abuso sia stato commesso sui più vulnerabili mentre erano assistiti dallo Stato, è intollerabile. Questo è un modo di confrontarci con la storia, per non commettere lo stesso errore, un passo importante per imparare dalle esperienze di chi è stato violato».
Per la Nuova Zelanda si tratta della più grande commissione della storia, che riceverà 12 milioni di pound neozelandesi all’anno per le ricerche. Questa scelta del governo Ardern ha ricevuto il plauso della Commissione per i diritti umani. L’inchiesta della commissione – che la neoeletta primo ministro ha promesso sarà attiva per tutto il suo mandato – ha il compito di investigare gli abusi commessi dal 1950 al 1999 nei centri di detenzione, ospedali psichiatrici, orfanotrofi e tutte le altre istituzioni statali in cui cittadini neozelandesi hanno subito minacce, traumi fisici o psicologici, abusi di natura sessuale. Anche i casi di bambini che hanno subito violenza in istituzioni religiose o scolastiche a cui lo Stato li aveva destinati, finiranno nello stesso dossier.
Circa 5mila bambini ogni anno finiscono nelle maglie dell’assistenza statale neozelandese, l’anno scorso, il 61% di loro era Maori. «Ogni individuo di cui lo Stato aveva il dovere di prendersi cura, indipendentemente da dove era stato collocato, sarà incluso nell’indagine. Stiamo provando a focalizzarci sulle singole persone, non sulle istituzioni» ha detto il ministro dell’Infanzia del governo Ardern, Tracey Martin.
Una commissione simile era stata istituita anche in Australia, su richiesta delle Nazioni Unite. Il report finale sui casi investigati dalla commissione di Sydney, dopo oltre cinque anni di lavoro di ricerca, è stato raccolto in 17 volumi e una definizione più breve e coincisa: «Una tragedia nazionale». Degli 8mila testimoni ascoltati dalla commissione, il 62% ha raccontato di violazioni subite in istituzioni religiose cattoliche.