Occorre partire dalle differenze e dal vissuto concreto delle persone, sostiene il filosofo. «I diritti non possono essere trascendentali e non si va avanti con le prediche», dice. E la sinistra? «Deve cambiare i propri riferimenti culturali»

Settant’anni or sono, a Parigi, Eleanor Roosevelt mostrava al mondo quella che lei stessa definì «la Magna charta dell’umanità». Un testo, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, frutto del lavorìo alacre della Commissione per i diritti umani delle Nazioni unite, che avrebbe dovuto scacciare una volta per tutte gli ingombranti fantasmi dei genocidi e delle stragi della seconda guerra mondiale. Un testo, pur non vincolante per gli Stati membri dell’Onu, che costituisce lo scheletro delle costituzioni di molti Paesi democratici. Un testo più e più volte disatteso, violato, ignorato, da quegli stessi Paesi che lo promulgarono. Le sequenze di morte e distruzione che documentano la presa della città curda di Afrin, nel nord della Siria, da parte delle milizie turche, lo testimoniano, con disarmante evidenza. Così come il silenzio delle principali potenze dell’Unione europea, che nei giorni scorsi hanno annunciato il via libera alla seconda tranche da versare ad Ankara per il controllo delle frontiere, in ossequio al patto siglato a marzo 2016: altri 3 miliardi dritti dritti nelle tasche di chi stermina un popolo col malcelato sostegno dell’Isis.

«Si tratta di un problema serio, e non è sufficiente dire che l’Occidente tradisca i propri principi comportandosi in maniera criminale: spesse volte, quegli stessi valori universalistici – presenti anche nella Dichiarazione “universale” dei diritti dell’uomo – vengono usati per ciò che effettivamente sono, un dispositivo di legittimazione del proprio dominio». È una prospettiva provocatoria e quanto mai attuale quella di Giacomo Marramao, filosofo, professore presso l’Università di Roma tre. Un punto di vista che smaschera il falso universalismo dei diritti umani, riallacciandone con perizia i fili della sua genealogia. «Il problema di fondo è andare a vedere cosa implica l’idea di “universale” e l’idea di “umano”. Le stesse dispute preparatorie alla stesura della Dichiarazione del 1948 testimoniano il carattere problematico della definizione di questi concetti.

Ma, volendo fare un balzo indietro nel tempo, non si può dimenticare che…

L’intervista di Leonardo Filippi al filosofo Giacomo Marramao prosegue su Left in edicola


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