Solo intorno alla 23esima settimana sono presenti nel feto le connessioni tra organi di senso e corteccia che rendono possibile la capacità di reagire ad uno stimolo esterno e quindi la possibilità di vita in caso di nascita prematura

La legge 194, decriminalizzando e disciplinando le modalità di accesso all’aborto, è stata una grande conquista per l’identità delle donne. Con la sua approvazione nel 1978 venne riconosciuta la libertà di autodeterminarsi al di fuori del controllo del “pater familias”, sia esso il padre o il marito, della Chiesa e dello Stato. Fino ad allora erano costrette a praticare l’interruzione nella clandestinità con gravi conseguenze per la loro salute, per il rischio di vita, con ripercussioni legali e condanne morali. Come recita la legge, prevale «la volontà della donna e il suo diritto alla vita ed alla salute sia fisica che psichica perché già persona rispetto all’embrione che persona deve ancora diventare». L’aborto è permesso nei primi 90 giorni di gravidanza: esso è concesso fino al quarto e quinto mese di gestazione solo per finalità terapeutiche, come gravi malformazioni fetali e pericolo per la salute della madre.

Stefano Rodotà, citando Barbara Dunen, ricordava che il corpo della donna è stato storicamente oggetto di potere, «un luogo pubblico» di cui ci si sarebbe potuto impadronire, soprattutto da parte dell’uomo, che in qualità di marito, avendo elaborato una complessa simbologia anche giuridica, la sottoponeva al suo potere e ai doveri matrimoniali. In Italia da non molto tempo ci siamo liberati di una violenta discriminazione politica, ad opera dello Stato, che escludeva il genere femminile dal voto. Un’ingiusta visione giuridica colpiva solo la donna con una sanzione penale se commetteva adulterio, mentre l’uomo in circostanze analoghe ne era esente. Recentemente è avvenuta una lenta opera di liberazione che ha fatto cadere una serie di vincoli legali come la proibizione della propaganda anticoncezionale perché ritenuta anticostituzionale, la depenalizzazione dell’aborto e la legge sul divorzio, dispositivi del diritto che penalizzavano soprattutto le donne e la libertà di decidere della propria vita e del proprio corpo.

Gli studi statistici ci informano che in questi ultimi anni gli aborti in Italia sono andati progressivamente a diminuire configurando una maggiore consapevolezza per l’uso dei farmaci anticoncezionali nonostante l’assenza di informazione da parte dei ministeri della Salute e della Pubblica istruzione. È comunque recente la battaglia condotta dal ginecologo Silvio Viale (ex presidente del comitato nazionale dei Radicali italiani) sulla liberalizzazione anche in Italia della pillola Ru486 per l’interruzione farmacologica della gravidanza che avrebbe reso quest’ultima meno invasiva e punitiva. Purtroppo per la somministrazione della Ru486 è stato deciso l’obbligo del ricovero ospedaliero, vincolo non presente in altri Paesi: lo scopo del legislatore è di rendere difficile la procedura per scoraggiarne l’utilizzo. Da poco, finalmente, è commercializzata liberamente ElleOne, una pillola anticoncezionale del giorno dopo che può essere assunta anche a distanza di 5 giorni da un rapporto: per acquistarla in farmacia non è necessaria la prescrizione medica. La ricerca scientifica ha permesso una contraccezione sempre più sicura e meno invasiva e tecniche di fecondazione medicalmente assistita che consentono la libertà di decidere, se e come avere figli e in quale periodo della vita. La liberazione dal vincolo esclusivo della procreazione rende possibile la realizzazione di qualità identitarie per millenni negate. La scienza ha riscattato il corpo della donna da antiche discriminazioni e servitù ma non è stata seguita da un equivalente cambiamento culturale.

Nella sua forma originaria, la regolamentazione della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita del 2004 è stata stupidamente contraddittoria e ha avuto come scopo quello di esercitare veri e propri soprusi in più articoli: essa ha violato non solo la Costituzione – come hanno stabilito negli anni fino a smantellarla quasi del tutto diverse sentenze della Consulta – ma anche i diritti umani, ad esempio imponendo alla donna di farsi impiantare gli embrioni creati su sua richiesta senza la diagnosi pre-impianto (come rilevato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2012). In difesa della incoerenza del decreto legislativo venne utilizzato in maniera terroristica il termine “eugenetica” che storicamente ha riguardato i progetti di pianificazione sociale delle nascite e non ha niente a che vedere con queste forme avanzate di diagnosi e cura.

Dal 1978 molti sono gli ostacoli che hanno reso difficile e spesso umiliante la messa in pratica della legge per l’obiezione di un’alta percentuale di operatori nelle strutture pubbliche. La stabilità delle battaglie vinte non è così scontata perché contemporaneamente il potere essenzialmente maschile attraverso la manipolazione delle norme giuridiche cerca di riprendersi tutto quello che era sfuggito al suo controllo proponendoci una nuova restaurazione.

D’altra parte “il diritto” non può neanche essere a servizio di una ideologia, di una professione di fede o di credenze che non possono essere tradotte in parole giuridiche e imposte a tutti.

L’alleanza millenaria e perversa della razionalità della cultura greca-romana con l’illuminismo e il pensiero religioso del cristianesimo (fede e ragione) ha escluso la donna non solo dal concetto di persona titolare di diritti ma ha annullato con essa una componente specifica ed essenziale della realtà umana: il pensiero irrazionale e non cosciente.

L’ideologia cattolica, che ha reso difficile in Italia l’attuazione della legge 194, considera l’aborto alla stregua di un omicidio opprimendo le donne con un senso di colpa che può accompagnarle tutta la vita. Il rapporto sessuale viene considerato finalizzato alla sola procreazione, evento che non appartiene alla sfera dell’umano, ma del divino. Lo zigote già nella sua costituzione sarebbe persona in base ad un pregiudizio ideologico. L’identità umana sarebbe tale solo in base al suo genoma, che invece è solo un punto di partenza, una potenzialità per la costruzione della biologia umana, ma non è esso stesso “persona”. Dal punto di vista strettamente biologico le sequenze nucleotidiche del Dna dello zigote o della blastocisti sono necessarie ma non sufficienti a definire una singolarità umana biologica che in utero si modifica in base agli stimoli biologici epigenetici. Può un embrione senza una corteccia cerebrale formata essere considerato “persona” e quindi soggetto di diritto, senza far ricorso, come vorrebbero i cattolici, all’idea di anima che scende dal cielo e dà vita ad una materia biologica altrimenti inerte? Si può essere liberi di credere che lo Spirito santo si insedi in una cellula ma non si può scambiare questa credenza per un’evidenza scientifica. Solo intorno alla 23esima settimana sono presenti le connessioni tra organi di senso e corteccia che rendono possibile la capacità di reagire ad uno stimolo esterno e quindi la possibilità di vita in caso di nascita prematura. La nascita umana, scoperta dallo scienziato Massimo Fagioli, è un evento trasformativo, una cesura tra stato fetale e neonatale. Il feto ha solo una specificità biologica e somatica poiché il cervello si struttura morfologicamente ma non è presente attività mentale. La realtà psichica emerge dalla materia biologica per effetto della stimolazione ambientale in particolar modo della luce che attiva la sostanza cerebrale attraverso processi cosiddetti “epigenetici” che consentono la lettura di geni, specifiche sequenze di Dna, silenti nel feto. Sia il pensiero religioso che quello illuminista-positivista negano la nascita evento originario e trasformativo della biologia umana e con esso la realtà psichica fatta di immagini, affetti, fantasia.

Si viene in tal modo a negare anche la peculiarità della sessualità uomo-donna che emerge con l’adolescenza: con il cambiamento fisico compare una trasformazione psichica che realizza un’immagine del diverso da sé ricreando il primo anno di vita senza coscienza e parola. L’adolescenza è un evento importante che coinvolge mente e corpo: non sempre, per la giovane età, alla creatività fisica e psichica del rapporto può seguire una gravidanza con un bambino. È fondamentale, per lo sviluppo sano degli adolescenti, la comprensione e la realizzazione della sessualità non scissa dalle immagini e dagli affetti. L’informazione sulla contraccezione dovrebbe iniziare molto presto nelle scuole: il pensiero cattolico che subordina la sessualità alla sola procreazione, crea inutili sensi di colpa e attacca la creatività del rapporto uomo-donna, viene negata la dialettica che si istaura con la diversità dell’altro e con la sua immagine e con essa la possibilità di comprendere la verità dell’essere umano.

L’articolo della pediatra e psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti è stato pubblicato su Left dell’11 maggio 2018


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