Ai quarant'anni di crociate contro la legge 194 in Italia, abbiamo dedicato il numero 19 di Left dell'11 maggio 2018
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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]È una svolta storica, quella che sta vivendo in queste ore l’Irlanda, all’indomani del referendum sull’aborto. Già i primi exit poll, usciti la sera del 25 maggio, indicavano una schiacciante vittoria dei Si – 68% delle preferenze contro il 32% dei contrari – ossia dei voti a favore dell’abrogazione dell’ottavo emendamento della Costituzione. Un emendamento, introdotto nel 1983, che metteva sullo stesso piano “diritto alla vita del nascituro” e il “diritto alla vita della madre”, e di fatto rendeva illegale l’aborto in quasi tutte le circostanze, salvo casi eccezionali di pericolo certo per la vita della madre, come previsto da una legge del 2013. Costringendo le madri che potevano permetterselo a viaggi all’estero (principalmente in Gran Bretagna) per interrompere la gravidanza, una scelta punita nel Paese con pene fino a 14 anni di carcere.
Nella sera del 26 maggio arriveranno i dati definitivi del conteggio dei voti, iniziato stamani, ma gli antiabortisti hanno già ammesso la sconfitta: il riconoscimento della debàcle arriva da John McGuirk, portavoce del movimento contro l’aborto Save The 8th.
Ora toccherà al parlamento legiferare, e regolamentare la possibilità di interruzione volontaria di gravidanza. Diverse le proposte sul tavolo. Tra le ipotesi, quella che il governo proponga di fissare a 12 settimane il limite per abortire, esteso a 24 in caso di malformazioni del feto incompatibili con la vita, oppure in caso di rischi seri per la salute della madre.
L’affluenza alle urne si è attestata intorno al 70%. Il voto arriva a tre anni di distanza dal referendum che nel Paese ha dato il via libera ai matrimoni gay. Il primo ministro irlandese, Leo Varadkar, favorevole al Si, ha twittato: «Sembra che faremo la storia».
Thank you to everyone who voted today. Democracy in action. It’s looking like we will make history tomorrow…. #Together4Yes
— Leo Varadkar (@LeoVaradkar) May 25, 2018
Nella campagna referendaria, sono intervenuti anche i colossi del web Google e Facebook, con la loro scelta di sospendere o limitare gli annunci pubblicitari dei comitati che si contrapponevano, una scelta che di fatto ha favorito il “Si”, come ha raccontato per Left Damiano Vezzosi.