Se, da un lato, l’editto dell’Oba (il re in lingua locale ndr) proclamato all’inizio del 2018 a Benin city, che annulla i riti juju fatti ai danni delle vittime di tratta, libera e dà fiducia e speranza a migliaia di giovani nigeriane, dall’altro, facendo tremare il mondo dei trafficanti, li obbliga a riorganizzare il proprio modello di business. E gli effetti non sono per nulla scontati. Perché la mafia nigeriana è più insidiosa del juju (il complesso delle religioni tradizionali dell’Africa occidentale ndr).
«Il proclama dell’Oba ha prodotto una prima reazione per cui le donne, contattate dalle nostre unità di strada o ospitate nelle comunità di accoglienza, hanno gridato alla libertà. In realtà, nulla è cambiato. Probabilmente, si sentono meno minacciate ma, di fatto, sono comunque all’interno di circuiti criminali che le terrorizzano in altro modo e le forme di controllo continuano a esistere», spiega a Left, la responsabile Area immigrazione e tratta degli esseri umani della cooperativa Lotta contro l’emarginazione, Tiziana Bianchini.
Tant’è che «il numero delle donne nigeriane in strada non è sparito: l’effetto mediatico e comunicativo è stato molto forte ma le giovani continuano a consegnare soldi là dove devono consegnarli e le madam, che non hanno accennato a nessun movimento di fuga, al limite possono aver modificato i giochi di forza in alcuni rapporti individuali», conclude Bianchini.
Difatti, «nonostante l’editto dell’Oba, le mamam continuano a pressare le giovani vittime per farsi pagare il debito, visto che è stato concordato, affermando che l’editto non è valido o è valido solo per le persone di Edo State (lo Stato nella Nigeria meridionale ndr)», precisa il presidente di Piam onlus, Alberto Mossino. In realtà, la liberazione dal rito che, in teoria, le solleverebbe dalla coercizione delle madam, ha suscitato un effetto boomerang perché «in assenza del potere del juju, le madam mettono in campo nuovi metodi di ricatto: in Italia, le ragazze saranno controllate con più determinazione, aumentando il livello di schiavitù e sfruttamento e i rischi di violenze, aggressioni e omicidi nei confronti di chi si ribella, da parte dei trafficanti», continua Mossino.
A dimostrare che il ricatto da loro esercitato è più pericoloso dell’editto dell’Oba, ed è prevedibile, così, che «le vittime rientreranno in un nuovo circuito di sfruttamento gestito da chi controlla i joint, le case in affitto o i legami con gli avvocati per le pratiche d’asilo», chiosa Mossino. Non solo: i trafficanti aggireranno gli effetti del proclama portando le ragazze a fare il rito juju in altri Stati della Nigeria dove il potere spirituale dell’Oba non ha nessuna influenza. Anche in Italia, con l’appoggio di juju master e stregoni che vivono nel Belpaese da anni. E ciò in barba a quanti pensano che chiudere la rotta libica sia la soluzione per fermare la tratta.
Le ragazze ridotte a schiave e costrette a prostituirsi avevano gridato alla libertà. Ma il percorso di emancipazione è lungo e difficile, come dicono gli operatori che le seguono