La Commissione europea ha accettato senza problemi il piano a medio termine 2019-2022 elaborato dal governo di Tsipras ed approvato in Parlamento il 14 giugno. Dal 2015, è il primo piano di sviluppo elaborato in maniera quasi del tutto indipendente

La data importante è il 20 agosto, quando finisce ufficialmente l’ultimo programma di “salvataggio” della Grecia, quello da 86 miliardi, deciso con la pistola sul tavolo in un infuocato week end di luglio di tre anni fa. Sarà la fine dell’incubo iniziato nel 2010, quando la famigerata Troika (Commissione europea, Bce, Fmi), ha preso controllo, con pratiche coloniali, delle finanze greche. Per sapere però in che condizioni sarà lasciata la Grecia dopo la fine del “commissariamento”, bisogna considerare le decisioni prese dall’eurogruppo riguardo il debito greco, circa 310 miliardi, quasi il 178 per cento del Pil. Un debito insostenibile, oramai lo riconoscono tutti. Bisogna alleggerire.
Il quadro era già emerso nelle recenti visite ad Atene del presidente del Meccanismo europeo di stabilità (Esm), Klaus Regling, e del vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis: rinviare di qualche decennio alcune scadenze, acquistare i costosi debiti contratti con il Fondo monetario internazionale (Fmi), restituire alla Grecia una parte dei miliardi dei profitti fatti dalle banche europee con i bond greci, estendere l’attuale periodo “di grazia” (cioè senza interessi) oltre il 2020. Il Fmi insisteva per tagli drastici, ma Berlino si è opposta: oramai il debito greco è quasi completamente in mano a istituzioni pubbliche e il governo tedesco non saprebbe come spiegare ai suoi cittadini un generoso taglio del debito di un Paese descritto per quasi un decennio come un covo di scrocconi e nullafacenti. Tanto più che rischiava di essere un “pericoloso precedente” per gli italiani.
Rimane indefinito…

 

L’articolo di Dimitri Deliolanes prosegue su Left in edicola


SOMMARIO ACQUISTA