Quanti sono i musulmani residenti in Italia?» Il venti per cento degli abitanti, è la risposta media degli italiani. Ma il dato reale è 3,7%, sei volte meno. «E su cento ospiti delle prigioni italiane, quanti sono gli stranieri?». Quarantotto, siamo soliti credere. Cioè ben quattordici persone in più rispetto alla realtà. Si tratta di due fra le tante percezioni alterate della società in cui viviamo tipiche degli italiani, come rileva il titanico studio – durato 5 anni e condotto in 13 Paesi – firmato dal direttore della sezione inglese dell’istituto Ipsos, Bobby Duffy.
Un’indagine dal titolo The perils of perception, “Il pericolo della percezione”, che ci incorona (purtroppo) vincitori nella gara tra chi ha una percezione dell’ambiente in cui vive più distante dalla realtà – e non solo su immigrazione e criminalità ma anche su cibo, salute, ecc. -, eleggendo il nostro Paese “patria della post-verità”.
Il termine “post-verità”, parola dell’anno per l’Oxford dictionary nel 2016, ha riempito le colonne di quotidiani e periodici per mesi a ridosso dell’elezione di Trump negli Usa e del voto a favore della Brexit. Ora, a distanza di anni, i social media studies cominciano a illuminare i meandri più profondi di questo concetto. Le semplici menzogne, con la post-verità, non c’entrano nulla. Il neologismo si riferisce ad una circostanza in cui l’oggettività dei fatti diventa secondaria fino a scomparire. Essa è determinata da un linguaggio finalizzato a manipolare l’opinione pubblica, attraverso appelli che, sempre più spesso, quando vengono lanciati da politici, si basano su un’analisi avanzata e certosina delle convinzioni e delle credenze diffuse nel pubblico che si intende raggiungere.
Proprio di questo si occupa, quotidianamente…