Che dura che dev’essere, essere Salvini in questo 11 ottobre che è appena stato: nel giro di poche ore si assiste alla svolta nel processo Cucchi con la testimonianza del carabiniere Francesco Tedesco che conferma il pestaggio avvenuto in caserma e poi alla condanna per il carabiniere Marco Camuffo, accusato di avere violentato insieme a un collega due studentesse americane a Firenze.
Tornano alla memoria le parole di questi anni, quel “se la sono andata a cercare”, “le americane sono sempre ubriache” (tenetevelo a mente, ci fu anche quel solito brillantone di Nardella che disse «È importante che gli studenti americani imparino, anche con l’aiuto delle università e delle nostre istituzioni, che Firenze non è la città dello sballo»). Torna alla memoria la frase di Matteo Salvini, parole feroci che gli andrebbero restituite urlandogliele incessantemente nelle orecchie tutti i giorni, come buongiorno: «La sorella di Cucchi si deve vergognare. La storia dovrebbe insegnare. Qualcuno nel passato fece un documento pubblico, erano intellettuali sdegnati contro un commissario di polizia che poi fu assassinato».
Torna tutto perché i fatti, da sempre e come sempre, alla fine vengono a galla. Possono passare mesi, anni o decenni ma alla fine il depistaggio o il pestaggio trova una breccia da cui essere svelato. E i fatti se ne fregano dei bulli. Anzi, li sbriciolano velocemente.
Forse non servirà ma anche la giornata di ieri, ancora una volta, dovrebbe insegnarci ad avere cautela nell’additare le vittime, per eccesso di difesa di una categoria (meglio: di una corporazione) qualunque essa sia.
Eppure fanno sorridere questi che oggi sono costretti a bersi i propri sputi che hanno procurato voti e ora sono diventati cicuta. Sono goffi mentre simulano un po’ di senso istituzionale invitando la famiglia Cucchi al ministero dell’Interno: è la sguaiataggine dei randellatori abituali quando finiscono randellati dalle loro stesse scemenze ma sarebbe un errore sperare che questi possano imparare la lezione. Continueranno a menare, soprattutto i deboli e le vittime, perché è l’unica cosa che hanno imparato a fare, perché riempiono il vuoto delle idee con urlacci scimmieschi contro tutti e poi con quelle improbabili scuse che travestono un pensiero che si legge facilmente: «Mi è andata male», pensa Salvini. Il male degli altri, quello, non è proprio umanamente capace di comprenderlo.
Buon venerdì.