In un clima di tensione, con scontri nella maggioranza, approvato con il voto di fiducia il decreto Salvini che elimina i permessi di soccorso per motivi umanitari, amplia il Daspo urbano e svende i beni confiscati alla mafia

Scontatissimo via libera del Senato al decreto sicurezza grazie al voto di fiducia. I voti a favore sono stati 163, i no 59. E già sabato prossimo, 10 novembre, un segnale di sfiducia arriverà dal corteo nazionale di Roma contro il razzismo, le disuguglianze e questo decreto liberticida. Ma nella maggioranza il clima non è dei migliori anche per via delle tensioni sul tema della prescrizione, e mentre Palazzo Madama sospendeva il dibattito per stabilire la fiducia, a Montecitorio è stata una convulsa giornata di scontri parlamentari. Tanto che fonti 5S fanno trapelare, magari alzando i toni ad arte, che se la Lega non sarà leale sulla prescrizione, il decreto sicurezza sarà a rischio. Tensione tra Lega e M5s, culminata nella serata di martedì con il fallimento di un vertice a tre tra Conte, Di Maio e Salvini, annunciato da fonti di Palazzo Chigi e poi negato brutalmente dal leader leghista. «Ma quale vertice? Io stasera ho un vertice con rigatoni, ragù e Champions League», ha dichiarato Salvini con il consueto spessore di statista.
Il vicepremier leghista era appena atterrato dal Ghana, probabilmente convinto di poter festeggiare il voto definitivo sul decreto a lui più caro, quello che prevede una stretta significativa sui migranti e una repressione mai vista contro i movimenti sociali, da quelli che rivendicano il diritto all’abitare a quelli che danno vita a forme non violente di conquista della visibilità come i blocchi stradali. Nel decreto, infatti, si ereditano le aspirazioni autoritarie bipartisan di parecchi dei governi che si sono avvicendati nel nuovo secolo. L’idea di trasformare il blocco stradale nel reato di sequestro di persona deriva da una proposta di legge di Stefano Esposito, Pd, uomo bandiera del partito della Tav, ossessionato dal fatto che i suoi concittadini da oltre vent’anni resistono alla devastazione del territorio della Val Susa e alla repressione di quella che chiamano la “procura con l’elmetto”, quella di Torino. Già il suo predecessore Minniti, con il collega Orlando, aveva varato pacchetti sicurezza e immigrazione che servivano anche a limitare la libertà di movimento e l’agibilità politica, ad esempio con i fogli di via preventivi a militanti e sindacalisti, e anche diverse procure negli anni avevano provato a cucire ipotesi di associazione a delinquere contro movimenti che volevano “estorcere” diritti. Il decreto, approvato all’unanimità dal governo, rivendicato da entrambi i colori di questa maggioranza politica, riesce a coronare quel sogno anticostituzionale.
Nel corso della giornata di ieri, per ben due volte, Salvini aveva previsto il via libera ma lo scontro d’Aula, le proteste delle opposizioni, i ritardi della bollinatura del maxiemendamento, e chissà, forse anche le polemiche sulla prescrizione, hanno fatto slittare il voto ad oggi. Ma Salvini festeggia lo stesso: «Con questo decreto si sarà più seri, più europei, più rigorosi e selettivi, per me è motivo di vanto». Per tutta la giornata Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno e braccio destro del ministro, ha seguito con attenzione il complicato iter del provvedimento. Da giorni si parlava di fiducia, strumento largamente abusato da tutti i governi di questo ciclo liberista e iperliberista. I senatori di Forza Italia hanno adottato una forma inedita di protesta: al momento del voto nominale, passando sotto il banco della Presidenza hanno recitato questa formula: «Sono presente ma non voto». I senatori forzisti (come i post-fascisti di Meloni) vogliono così evidenziare il loro dissenso al governo, ma non al decreto che avrebbero approvato, se non ci fosse stata la fiducia. Scontata l’uscita dall’emiciclo dei quattro 5S cosiddetti ribelli.
«Il gruppo di Liberi e Uguali voterà no a questa fiducia chiesta dal Governo – dice in aula la capogruppo di LeU Loredana De Petris nelle dichiarazioni di voto – voi con l’eliminazione della protezione umanitaria, con la riduzione del sistema di accoglienza, con l’induzione alla irregolarità e clandestinità non produrrete più legalità, state spingendo migliaia di persone verso un limbo di illegalità». E denuncia «la violazione sistematica dell’articolo 3 della Costituzione che è l’architrave perché riconosce l’uguaglianza» e anche «l’articolo 10» che conforma l’Italia alle leggi internazionali. Inoltre rivolta alla Lega: «Avete l’interesse personale di voler aumentare le pulsioni antirazziste in questo Paese». «Voterò contro il decreto Salvini e vi spiego brevemente il perché. Dovrebbe risolvere il problema dell’immigrazione, ma lo complica», scrive Pietro Grasso, senatore di LeU, in un post su facebook: «Negare la protezione umanitaria trasformerà decine di migliaia di immigrati regolari in clandestini. Potenzia le forze dell’ordine, ma su giustizia e contrasto alla mafia si fanno passi indietro. Lo scandalo, ad esempio, non è la vendita dei beni confiscati ma che il ricavato non sia interamente destinato a progetti di utilità sociale. E il Senato è ostaggio delle liti della maggioranza».
Nel corso della discussione alla prima Commissione Affari costituzionali, gli emendamenti Anci riguardanti l’immigrazione non sono stati accolti mentre tra gli emendamenti del governo accolti, i comuni segnalano in particolare quello che abolisce di fatto i riferimenti alle linee guida dello Sprar e alla presentazione della domanda di contributo, ridimensionando ulteriormente il Sistema.
«Il rischio è quello che si riduca la qualità degli standard di accoglienza dei progetti Sprar e l’entità del contributo ai progetti, abbassando quindi la quantità di servizi che possono essere offerti ai beneficiari, rischiando di omologare i servizi Sprar a quelli erogati nei Cas».
Ricapitolando i contenuti: si va dall’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari (sostituito da permessi speciali temporanei, prolungati per motivi sanitari) all’allungamento da 3 a 6 mesi del trattenimento nei Centri per i rimpatri; dalla possibilità di trattenere gli stranieri da espellere anche in strutture della pubblica sicurezza, dilatando la possibilità di abusi in divisa, in caso di indisponibilità dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), alla possibilità di revocare la cittadinanza italiana per “terrorismo”. Nel maxiemendamento che ha sostituito il testo ci sono novità tra l’altro sulla videosorveglianza, gli sgomberi degli immobili occupati abusivamente, il Fondo per la sicurezza urbana, l’utilizzo dei droni. Il procuratore antimafia userà la polizia penitenziarie per raccogliere informazioni nelle carceri. Ma il fulcro è sui richiedenti asilo: per quelli che compiono gravi reati è prevista la sospensione dell’esame della domanda di protezione ed è possibile l’obbligo di lasciare il territorio nazionale. In caso di condanna in primo grado è previsto che il questore ne dia tempestiva comunicazione alla Commissione territoriale competente, «che provvede nell’immediatezza all’audizione dell’interessato e adotta contestuale decisione». Il decreto riserva esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati i progetti di integrazione ed inclusione sociale previsti dallo Sprar (Sistema protezione e richiedenti asilo e rifugiati). Questi ultimi, la cosiddetta accoglienza diffusa nei Comuni, sono ridimensionati. I richiedenti asilo troveranno invece accoglienza nei Cara. Ci sono poi tutta una serie di altre misure, dal taser (la pistola elettrica) anche ai vigili urbani alla stretta sui noleggi di auto e furgoni per evitare che vengano usati dai jihadisti contro la folla, come avvenuto a Nizza, Londra e Berlino. Inoltre un Daspo urbano più severo. Si stanziano quasi 360 milioni fino al 2025 per «contingenti e straordinarie esigenze» di Polizia e Vigili del fuoco «per l’acquisto e potenziamento dei sistemi informativi per il contrasto del terrorismo internazionale», compreso il rafforzamento dei nuclei Nbcr (nucleare, biologico, chimico e radiologico). Dei 360 milioni, 267 sono per la pubblica sicurezza e 92 per i pompieri. I Comuni con più di 100 mila abitanti potranno dotare 2 poliziotti municipali di taser in via sperimentale per un periodo di sei mesi. I poliziotti locali, inoltre, se «addetti ai servizi di polizia stradale» e «in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza» possono accedere al Centro elaborazione dati (Ced) delle forze di polizia. Il decreto amplia le zone dove può scattare il Daspo urbano, includendo i «presidi sanitari», le zone di particolare interessere turistico, le «aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati pubblici spettacoli». Previsti anche il Daspo per coloro che sono indiziati per reati di terrorismo e una stretta sulle occupazioni. I blocchi stradali tornano ad essere sanzionati penalmente e non più in via amministrativa. E ancora, l’utilizzo del braccialetto elettronico sarà possibile anche nei confronti degli imputati dei reati di maltrattamento in famiglia e stalking. Infine il potenziamento dell’Agenzia per i beni confiscati. Il provvedimento ne consente la svendita, col rischio che tornino alle cosche, estende di ulteriori 70 unità la pianta organica dell’agenzia ed individua le aziende confiscate «di rilevante interesse socio-economico» che necessitano di supporto per il proseguimento dell’attività.